Il 2020 rischia di essere un anno con poco grano, con tutte le conseguenze che si possono immaginare, a cominciare dal prezzo, a causa dell’alluvione. Come ricorda la Cia di Alessandria, “gli imprenditori agricoli alessandrini cercano di riparare al danno causato dal maltempo prolungato del mese di ottobre e novembre, compromettendo le tradizionali semine autunnali come quelle del frumento, orzo, loietto, e triticale, ma il risultato è ancora incerto”. Fino all’inizio di dicembre solamente il 40% dei terreni era stato seminato e la situazione è migliorata solo verso il periodo natalizio e nella prima quindicina di gennaio, quando gli imprenditori hanno intensificato gli sforzi per procedere ove possibile con le operazioni di semina. Spiega la consulente tecnica Cia Alessandria Valentina Natali: “Gli agricoltori ripongono fiducia nelle condizioni climatiche e nella ripresa dei terreni, ma in questo momento non possiamo sapere quale sarà l’esito del raccolto. Nei terreni allagati è difficile entrare per effettuare le necessarie operazioni colturali mentre, dove si è già seminato, i germogli e le piantine rischiano di soffocare per la troppa acqua, motivo per il quale si evidenziano anche forti ingiallimenti”.

Fra le aree più colpite da questa pesante situazione il Novese e l’Ovadese, oltre all’Alessandrino, in una provincia dove si producono fra le maggiori quantità di frumento in Italia. “In questo momento – prosegue Natali – sono tutti impegnati nelle semine del frumento tenero (varietà alternative) ma è consigliabile ripiegare sull’orzo o sul grano duro perché per il frumento tenero è ormai tardi per ottenere buoni risultati con semine cosi tardive. Anche se sono utilizzate varietà alternative, ovvero quelle varietà nelle quali si ha la capacità della pianta di rispondere alle variazioni di temperatura e numero di ore di luce, passando dalla attività vegetativa a quella riproduttiva senza aver bisogno del processo di vernalizzazione siamo troppo avanti con il periodo”. Se chi non ha ancora seminato non dovesse riuscire a farlo nei prossimi giorni, dovrà per forza ripiegare su colture primaverili, con l’incognita di una resa minore e un punto interrogativo sulla richiesta di mercato, con un comprensibile aggravio sia dei costi, sia dei danni.