Una veduta della città di Gavi dal Forte
Gavi: ci sono località e frazioni in difficoltà con il segnale

Mentre stava scrivendo il suo libro sulla storia della tenuta La Centuriona, lo studioso Armando Di Raimondo si è imbattuto in quello che definisce il “muro di gomma” eretto dal Comune di Gavi intorno all’archivio storico comunale. Solo di recente, grazie alla nuova amministrazione comunale, è emerso che i documenti risalenti al periodo 1200-1700 sono scomparsi nel nulla ma l’autore di tanti libri sul Forte e sul territorio gaviese aveva già avuto sentore da tempo di come era tenuto l’archivio. “Sin dagli anni Settanta – racconta – quando chiedevo di poterlo consultare mi veniva risposto che era stato bruciato, qualcuno diceva dai nazisti, qualcun altro addirittura dai partigiani. In realtà, sin dalla fine dell’800 lo storico Cornelio de Simoni, durante la redazione dei suoi Annali di Gavi, evidenziava la pessima conservazione dell’archivio e la scomparsa di documenti”. Di Raimondo, consultando l’archivio di Stato di Alessandria, ha scoperto un inventario dei documenti antichi dell’archivio storico di Gavi che arriva fino al 1604. E’ un elenco che però testimonia cosa era conservato fino a quella data.

Armando Di Raimdono

Di Raimondo, all’inizio degli anni Duemila, ha scritto alla Soprintendenza archivistica del Piemonte per segnalare il comportamento del Comune: “Gli amministratori del Comune di Gavi, nel corso di questi quattro anni, non mi hanno consentito la consultazione del loro archivio storico, opponendo sempre cause di forza maggiore: mancato ordinamento del fondo, indisponibilità dei locali e ultimo, in ordine di tempo, il recente terremoto (nel 2003 ndr). Mi sono anche offerto di collaborare, gratuitamente, al riordino dell’archivio, ma non c’è stato nulla da fare. Un “muro di gomma” che non è stato possibile abbattere. La cosa grave, ai fini della mia ricerca, che probabilmente quell’archivio conteneva notizie molto importanti per l’esito complessivo di questo lavoro che non potranno essere pubblicate”. Lo studioso si è rifatto avanti nel 2010 quando aveva iniziato a scrivere il suo libro sul Monte di pietà della confraternita dei Turchini: “Sapevo che il loro archivio in passato era stato conferito al Comune. Anche in questo caso ho dovuto lavorare solo sui documenti conservati all’archivio di Stato di Alessandria. Ho scritto anche in questa occasione alla Soprintendenza, invitandola a intervenire poiché non mi era permesso di consultare gli atti”. La Soprintendenza è effettivamente intervenuta più volte nei confronti del Comune e nel 2013 ha pure sporto denuncia penale insieme ai carabinieri del Nucleo tutela del patrimonio per la scomparsa dei documenti più antichi, emersa in quegli anni ma tenuta assolutamente riservata dagli amministratori dell’epoca. “Una decina di anni fa – conclude Raimondo – l’allora vicesindaco Enrico Gualco su mia richiesta mi ha accompagnato in alcuni locali in paese dove erano conservatori i documenti del Comune ma non ho trovato nulla sui documenti antichi”.