Una posizione ufficiale e definitiva dovrebbe arrivare lunedì 18 dicembre dalla nuova seduta del Consiglio delle Aree protette dell’Appennino Piemontese ma una linea condivisa sul futuro del centro di documentazione della Benedicta sembra già essere delineata: il cantiere non va terminato e i soldi annunciati per il secondo lotto, 750 mila euro, vanno spesi per opere più utili al territorio. Il Consiglio del Parco e alcuni sindaci dei sette Comuni dell’area protetta (Bosio, Lerma, Gavi, Mornese, Casaleggio, Tagliolo, Voltaggio), dopo un’animata discussione, sono concordi. Il cantiere aperto nel 2011 a Capanne di Marcarolo (Bosio), sotto i ruderi della Benedicta, grida vendetta sia perché è fermo da tempo sia perché non si sa bene ancora a cosa servirà. Costato già 750 mila euro, ne serviranno altrettanti per completarlo, già annunciati da Regione e Provincia, e altri ancora per la gestione, quest’ultima particolarmente temuta dagli enti locali.

Una scritta presente fino a poco tempo fa sui muri del cantiere di Capanne

Il Parco, l’Unione Montana dal Tobbio al Colma, il Comune di Bosio sono stati chiamati da Regione e Provincia a sottoscrivere un protocollo di intesa sul completamento della struttura (al suo interno spazio espositivo, sala riunioni, archivio e una sala conferenze con 95 posti) e appunto sulla sua gestione. Il Parco ha già rinviato la votazione poiché la destinazione prevista dal documento (un luogo dove “conservare e valorizzare le testimonianze e il materiale d’archivio relativi alla guerra e alla Resistenza, nonchè la storia e le tradizioni delle popolazioni del Parco”) non convince nessuno. L’altro giorno alla seduta del Consiglio del Parco hanno preso parte alcuni dei sette sindaci dell’area protetta (Gavi, Bosio e Lerma, con Casaleggio rappresentata nel Consiglio del Parco dal sindaco Danilo Repetto), e l’orientamento, alla fine, è stato unanime, seppure ancora da definire con gli altri amministratori: altri 750 mila euro sono sprecati per questo edificio che rischia di essere l’ennesima cattedrale nel deserto. “La destinazione d’uso del centro di documentazione – ha detto il presidente del Parco, Dino Bianchiresta indefinita e a farsene carico rischia di essere il territorio. Un spesa inutile, a fronte delle condizioni delle nostre strade, per esempio, e di una struttura che sarà difficilmente utilizzabile per quasi tutto l’anno: simo a 800 metri d’altitudine”.

Stefano Persano, sindaco di Bosio

“Ho sbagliato – ha affermato il sindaco di Bosio, Stefano Persano – a firmare l’accordo nel 2004. All’epoca, dopo la visita del presidente Ciampi, l’anno prima, la strada provinciale per Capanne era stata sistemata. Una volta aperto il cantiere del centro di documentazione è stata devastata da camion da 900 quintali, che hanno rotto per sei volte l’acquedotto”. Persano inizialmente, seppure critico, aveva detto che l’opera va terminata ma alla fine ha condiviso l’opinione dei presenti. Marco Gaglione, consigliere del Parco e amministratore a Tagliolo, ha ricordato che “libri e documenti sulla Resistenza previsti nel centro di documentazione si trovano già all’Isral, ad Alessandria”. Fra le proposte “alternative”, la sistemazione dei ruderi della Benedicta e l’apertura di un centro di documentazione a Bosio, nell’ex asilo, con un spesa minima. Idea già presentata a suo tempo dall’allora presidente del Parco, Gianni Repetto, bocciata da tutti. Il consigliere del Parco Mario Bavastro ha annunciato “un esposto alla Corte dei conti nel caso l’opera venga portata avanti. Il cantiere deve essere fermato per evitare altri sperperi”.