Carlo Garbarino: un “tecnologo del caffè” da Serravalle Scrivia alla Bulgaria

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Carlo Garbarino

“Conoscere il caffè a 360 gradi, significa saperlo distinguere crudo all’origine fino alla tostatura e alla macinatura che prelude alle innumerevoli miscele”-.

Se solo ci si avvicina alla conoscenza del caffé, si apre un mondo. Al massimo, siamo infatti propensi a due sole distinzioni: le specie “arabica” e “robusta”. Il profano tende quindi a pensare che una miscela con alta percentuale di arabica sia migliore rispetto a un’altra con una certa quantità di robusta. Niente di più sbagliato, poiché esistono robuste assai più intense delle cosiddette “qualità oro” dove tendenzialmente l’etichetta vanta un’arabica 100%.

Carlo Garbarino, 54 anni di professione “tecnologo del caffè”, originario di Genova vive da anni in a Vignole ed è un grande esperto dell’aromatico elemento al quale nessun italiano può prescindere prima di iniziare una giornata. Addirittura in Bulgaria Garbarino è diventato unico testimonial del buon caffè all’italiana. Chiamato dalla “Baristo” come consulente, il suo volto pubblicizza in tutta la nazione dell’Est il caffè italiano. E in Bulgaria, se non compaiono sull’etichetta la bandiera tricolore e la scritta “100% italiano”, il caffè viene snobbato.

“Posso dire di esser nato con l’aroma del caffè addosso – spiega Garbarino – in quanto mio padre forniva assistenza e vendeva macchine Faema. Poi ha fatto la stessa cosa con la Franegar, azienda che tuttora esiste a Genova. Ho conseguito il diploma da perito elettrotecnico ma la mia prima occupazione non poteva che essere nel mondo del caffé. Entrai alla Tag, la Torrefattori associati di Genova che in seguito si è trasferita a Serravalle. Dopo una parentesi alla Brambati di Voghera, dove divenni collaudatore di macchine tostatrici per questa azienda, una delle 3 più importanti al mondo, tornai alla Tag richiamato da “patron” Marco Boasi”-.

Tostare e degustare il caffè è un’arte, non superata neppure nell’odierna società super tecnologica.

“Il segreto – prosegue Garbarino – è di saper tracciare la curva di tostatura e conoscere la ricetta per tostare 300 chili di caffè per volta. Un tempo facevo tutto a mano. Oggi c’è il computer, ma non si può prescindere dal cosiddetto “naso professionale” che ho maturato attraverso esperienza diretta e corsi di formazione anche come degustatore. Dietro una tazzina di caffè, dalla provenienza del crudo alla tostatura, dal rispetto delle temperature e dell’umidità, fino alla composizione di miscele, c’è una catena con tanti anelli e ciascuno deve essere rispettato. Basterebbe romperne uno solo per far cambiare sapore al prodotto. Importante è anche il packaging e se poi parliamo di caffè in capsule o in cialda, si aprono altri mondi. Ricevo un campione da 200 grammi di crudo dal Centro – Sud America  (Brasile, Colombia, Costarica, Nicaragua…) e lo sperimento in tutte le fasi, prima che diventi a marchio Boasi, Roastcafé o Pera”-.