Confusione sulla Pernigotti: “Il governo faccia chiarezza”. Atteso il nuovo tavolo al Mise.

Giornata convulsa dopo l'esito in apparenza positivo dell'incontro a palazzo Chigi. Il segretario nazionale della Uila Uil, Mantegazza, dice ai turchi che hanno ribadito la volontà di cedere solo lo stabilimento con i 100 dipendenti: “Il tempo della servitù della gleba e degli operai ceduti insieme alle linee di produzione è per fortuna finito”.

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Ieri per la Pernigotti è stata una giornata convulsa.  Dopo l’apparente serata positiva di lunedì, quando a seguito dell’incontro a palazzo Chigi, un comunicato sottoscritto dal governo e dalla proprietà, annunciava che i Toksoz erano pronti a richiedere la cassa integrazione per ristrutturazione della fabbrica, un segnale positivo poiché da più tempo ai 100 dipendenti (ai quali si aggiungono i 150 interinali, senza tutele) e impone alla proprietà di fare investimenti sul sito, in attesa di sviluppi. Sembra un  passo avanti rispetto all’annunciata richiesta di cassa integrazione per cessazione. Ieri il ministro Luigi Di Maio su Facebook annunciava, una visita allo stabilimento di Novi e un tavolo in città “per capire a che punto siamo per garantire la dignità dei lavoratori e anche dello storico marchio”.

Il ministro Di Maio dopo l’incontro sulla Pernigotti il 15 novembre al Mise

Positivo il commento di Federico Fornaro, deputato di Leu: “La sospensione della procedura di chiusura dello stabilimento di Novi Ligure annunciato ieri dalla proprietà turca dopo l’incontro con il governo, rappresenta un atto fondamentale per poter continuare la battaglia per la difesa della Pernigotti e dei lavoratori dello stabilimento di Novi Ligure. Adesso si usino le settimane che ci dividono dal 31 dicembre 2018 per convincere l’attuale proprietà a compiere il passo in avanti decisivo: la vendita della Pernigotti a un imprenditore che intenda investire sullo stabilimento e sul marchio. E’ essenziale che prosegua l’unità dimostrata dai lavoratori, dai sindacati, dalle istituzioni e dalla politica: la via maestra per provare a salvare la Pernigotti”.

L’ingresso della Pernigotti

Ieri la  proprietà ha però voluto smentire quanto annunciato nel pomeriggio di lunedì dal presidente del Parlamento europeo, il forzista Antonio Tajani, secondo il quale i turchi erano disposti a vendere, senza specificare se la fabbrica, il marchio o l’azienda. Questione non da poco, visto che tutto ruota proprio intorno al marchio, che i Toksoz intendono tenere per loro per commercializzare i gianduiotti e il resto non a Novi ma altrove in Italia, facendo a meno dei costi fissi del personale e dell’esperienza dei lavoratori novesi. Nel comunicato, da tutti interpretato come una marcia indietro rispetto a quanto uscito da palazzo Chigi, i turchi mettevano nero su bianco che “nè il marchio. nè la società (cioè l’azienda, non lo stabilimento) sono, allo stato attuale, in vendita. Nel corso dell’incontro (di Roma, ndr) l’azienda ha confermato la decisione di cessare la conduzione in proprio delle attività produttive presso il sito di Novi Ligure, e l’intenzione di terziarizzare in Italia la produzione, preferibilmente individuando partner industriali interessati all’acquisizione o alla gestione degli asset produttivi a Novi Ligure, nel tentativo di ricollocare il maggior numero possibile di lavoratori”. I Toksoz hanno inoltre fatto sapere di aver chiesto al governo di facilitare lo stop al presidio dei lavoratori, che va avanti dal 7 novembre. L’obiettivo è infatti cedere o affittare il sito ad altri.

Stefano Mantegazza alla Pernigotti

Il senatore Massimo Berutti (Fi), ha commentato: “Le notizie giunte in queste ore sulla cassa integrazione sono confortanti, ma come dimostra il susseguirsi di dichiarazioni e smentite, siamo solo all’inizio dell’impegno per tutelare i lavoratori e un marchio orgoglio del Piemonte. Per ottenere risultati concreti e sostenibili nel lungo periodo è fondamentale continuare a lavorare in tutte le sedi utili restando coesi a livello territoriale. In questa fase è fondamentale formalizzare gli accordi assunti evitando dichiarazioni propagandistiche, specie da parte del governo. Restiamo uniti a livello territoriale e continuiamo a tenere alta l’attenzione”. Stefano Mantegazza, segretario nazionale del sindacato Uila Uil, ha commentato così le parole dei turchi: “Rimaniamo allibiti dalle dichiarazioni dell’azienda che sembrano smentire quanto reso noto da Palazzo Chigi. Vogliamo, inoltre, chiarire alla proprietà che il tempo della servitù della gleba e degli operai ceduti insieme alle linee di produzione è, per fortuna finito, almeno nel nostro paese. I lavoratori sono in assemblea permanente dall’inizio di novembre e non percepiscono alcuna retribuzione. Per questo al governo chiediamo chiarezza in merito alla tempistica e alle modalità operative della cassa integrazione nonché garanzie sull’impegno, manifestato anche dal vicepremier Luigi Di Maio, a ricercare ogni iniziativa utile per la cessione della azienda e del suo marchio ad un unico acquirente – prosegue Mantegazza -. Infine ribadiamo la necessità di intervenire in tempi stretti con la presentazione della legge che leghi i marchi storici ai territori e agli impianti produttivi”. La manifestazione di sabato pomeriggio è più che mai confermata e il presidio dei lavoratori prosegue.