Dopo l’inchiesta su Terzo valico e ‘ndrangheta la Breakout dimezza il personale

Silvano d'Orba: con lo stop alle commesse a casa la metà dei dipendenti. Gallo e Demichelis, considerati vicino alle 'ndrine, volevano minacciare il Comune.

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L'impianto della Breakout di Silvano

Licenziati la metà dei lavoratori della Breakout di Silvano d’Orba. L’azienda negli anni scorsi aveva acquistato parte degli impianti della Val d’Orba, impresa storica locale del settore edile e stradale, con relativo passaggio di dipendenti.

La Breakout a ottobre era finita nei guai in seguito alle indagini delle Procure di Roma e Genova sul Terzo valico e gli inquirenti avevano fatto emergere presunti legami con la ‘ndrangheta. Nel mirino infatti erano finiti Giampiero Demichelis, all’epoca direttore dei lavori del Terzo valico, e Domenico Gallo, imprenditore calabrese considerato vicino alla mafia calabrese. I due, da ottobre agli arresti per corruzione, concussione e altri reati, il 27 novembre del 2015 venivano intercettati in auto dalla Guardia di Finanza mentre discutevano proprio dell’impianto edile di Silvano d’Orba. La Breakout, come è emerso dalle indagini, puntava a ottenere, come è poi realmente avvenuto, commesse per la fornitura di ghiaia ai cantieri del Terzo valico, facendo arricchire illecitamente chi, come De Michelis, era in palese conflitto di interessi essendo dipendente del Cociv e quindi “controllore” dei sub appalti.

Quel giorno Gallo al telefono informava l’amico delle difficoltà che stava incontrando dal Comune di Silvano nell’ottenere l’autorizzazione a installare un impianto di lavorazione degli inerti più grande di quello della Val D’Orba. “Mi hanno rotto i coglioni – diceva il calabrese a De Michelis -. Ora gli porto tutti i 20 dipendenti in municipio e gli dico che se non mi fanno montare l’impianto lo monto ad Alessandria e lascio tutti a casa. Anzi, gli dico che li stanno mandando a casa loro”. Gallo ricordava che nel 2016 i lavoratori, con il nuovo impianto, avrebbero potuto diventare 40. “Così si cacano sotto”, diceva al collega, che sottolineava in cantiere ci fossero “20 km di strade da fare” e che non doveva venire nessun altra impresa sul territorio. I due erano talmente sicuri di ottenere la commessa da aver già speso, in base alle intercettazioni, 250 mila euro. De Michelis suggeriva di andare in Comune e di “acchiappare il sindaco (Ivana Maggiolino, ndr) e gli dici ‘bello vieni…mo ti siedi qua…’”. “Sennò – suggeriva Gallo – li attacchiamo sulla stampa locale”. Ancora De Michelis, chiudeva in bellezza: “Devi andare là e gli devi di… proprio sparare in faccia… dici… ooo… sennò io lo sposto ad Alessandria e vaffanculo”.

Ora, grazie alle azioni dei due soggetti in questione, i lavoratori da 17 sono rimasti in 8. Per 9 di essi è scattata la mobilità a causa della mancanza di commesse. “Per la metà dei dipendenti – spiega Rocco Politi, sindacalista della Fillea-Cgil – non c’è più lavoro data la situazione dell’azienda. Il titolare non è più agli arresti domiciliari ma le prospettive, purtroppo, sono queste”.