Sono state rispettate le leggi europee a tutela degli habitat naturali nella realizzazione del deposito del Terzo valico nella ex cava Cementir di Voltaggio? A chiederlo alla Regione è il Consigliere regionale Sean Sacco (M5s) con un’interrogazione presentata nei giorni scorsi e basata sulla denuncia da parte del circolo Legambiente Val Lemme di Voltaggio. Il 2 febbraio gli attivisti aveva organizzato un presidio proprio di fronte alla ex cava, dove da circa cinque anni il Cociv sta ammassando le rocce scavate nei cantieri Terzo valico. Per costruire la montagna da circa 2 milioni di metri cubi di smarino a ridosso del Lemme, secondo Legambiente, le imprese incaricate dal consorzio hanno distrutto un’area umida all’interno del Sic Capanne di Marcarolo, quindi in un’area protetta istituita dall’Ue. Sono così scomparse dalla zona varie specie di rane, rospi, serpenti e tritoni. Sacco nell’interrogazione ricorda che la Regione, nel 2013, nell’approvare il Piano cave del Terzo valico, aveva preso atto che l’area della ex cava era all’interno del Sic e che la Valutazione di incidenza faceva emerge varie criticità dal progetto di deposito dello smarino, fra cui la mancanza di un’analisi degli habitat forestali e umidi presenti e una carenza di informazioni proprio sull’area umida.

L'ex cava Cementir di Voltaggio,
L’ex cava Cementir di Voltaggio, sito di deposito dello smarino del Terzo valico

La Regione emanava quindi alcune prescrizioni che il Cociv doveva rispettare, almeno sulla carta, richiedendo “idonee misure di compensazione della sottrazione dell’habitat prioritario che ricostruiscano o migliorino tratti possibilmente compresi all’interno del sic, in modo adeguato al valore intrinseco ed all’estensione delle porzioni sottratte; detti interventi dovranno essere condivisi con l’Ente Parco Capanne di Marcarolo, ente gestore del sic”. Scrive Sacco: “Dal 2014 pare sia stato costituito un tavolo di discussione tra il Parco Capanne e Cociv, al fine individuare le adeguate compensazioni per la perdita prevista degli habitat. Nel 2015 il Parco pare abbia presentato un documento di linee guida a Cociv per la predisposizione della proposta di compensazioni. Ad oggi, nel 2020, pare che Cociv non abbia ancora presentato nessun documento di proposta relativo alle compensazioni. Documento che, dal momento della sua presentazione, ecessiterebbe di un iter piuttosto lungo per le valutazioni del caso da parte del Parco”.

Rospo comune

Oltretutto, ricorda il consigliere regionale citando le norme Ue, “in generale, un sito non dovrebbe essere influenzato in modo irreversibile da un progetto prima che sia messa in atto la compensazione. In alcuni casi, tuttavia, non è possibile rispettare questa condizione. La ricostituzione di un habitat forestale, ad esempio, può richiedere molti anni per garantire le stesse funzioni dell’habitat originario danneggiato da un progetto. Per questo occorre impegnarsi al massimo per garantire che la compensazione avvenga in anticipo e, se non è realizzabile nella sua interezza, le autorità competenti devono considerare un’eventuale compensazione supplementare per le perdite che si verificherebbero nel frattempo”. La giunta regionale dovrà chiarire se il Cociv abbia o meno presentato una proposta relativa alle compensazioni e se questa, nel caso esista, abbia rispettato la norma europea sulla tutela degli habitat, come l’area umida distrutta.