Era il 2005, quando un’equipe di ricercatori dell’Ospedale San Raffaele di Milano diede inizio alla prima ricerca genetica, nell’ambito del “Progetto Val Borbera”.  Tra il 2005 e il 2008 furono raccolti dati clinici su 1800 persone originarie della Val Borbera, territorio considerato “isolato genetico”.

San Raffaele – Milano

Lo studio, che è proseguito nei laboratori dell’istituto lombardo, ha identificato alcuni geni associati a fattori di rischio e responsabili di malattie comuni. Sono stati individuati oltre 50 geni rilevanti per il rischio di malattie cardiovascolari, ipertensione e patologie renali e sono stati identificati più di 100 geni associati a caratteristiche delle cellule del sangue.

La ricerca è proseguita nel 2015 arricchita da nuove indagini che hanno riguardato l’udito e le abitudini alimentari. Quell’anno i ricercatori dell’Ospedale San Raffaele di Milano hanno lavorato in collaborazione un’equipe di genetisti dell’Ospedale Burlo-Garofolo-Università di Trieste.

Qualche anno prima il “Progetto Val Borbera” si era consorziato con i progetti degli isolati genetici del Friuli Venezia Giulia e del villaggio di Carlantino, nell’Appennino a nord della Puglia, allo scopo non solo di studiare e paragonare le caratteristiche genetiche di ciascun isolato ma, anche di contribuire ai progetti internazionali per l’identificazione di fattori di rischio per malattie più comuni, dall’ipertensione alle malattie renali, metaboliche, della tiroide, e alle problematiche legate a fertilità. Gli studi hanno inoltre permesso di contribuire all’identificazione del gene legato al consumo di alcol con i dati su 2.000 abitanti della Val Borbera, una scoperta che potrebbe aprire la strada a nuovi farmaci per il trattamento dell’alcolismo.

Per proseguire in questa direzione, è  importante che il contributo della popolazione continui con fiducia nel lavoro dei  ricercatori. Qualche mese fa la professoressa Daniela Toniolo, ricercatrice del San Raffaele e responsabile del “Progetto Val Borbera”, ha inviato una lettera a chi ha partecipato al progetto spiegando che dal 2018 non ci sarà più un gruppo che può continuare le ricerche in corso. Affinché lo sforzo, i dati e il materiale raccolti non vadano perduti, Daniela Toniolo ha individuato nell’Ospedale Burlo Garofolo di Trieste, il referente ideale per proseguire il lavoro. Questo sarà possibile se chi ha partecipato, invierà nella busta preaffrancata che ha ricevuto a casa, la scheda allegata alla lettera, dove il San Raffaele chiede l’autorizzazione a trasferire tutte le informazioni cliniche, genealogiche e genetiche e i campioni biologici, all’Ospedale Burlo Garofolo di Trieste. I dati che non riceveranno il consenso al trasferimento saranno irrimediabilmente distrutti il 31 dicembre 2017.