L’Associazione Ristoratori della Val Borbera : “Lasciateci lavorare. Non siamo gli untori”

La chiusura alle 18 preoccupa il mondo della ristorazione.

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I ristoratori nel 40° anniversario dell'Associazione nel 2018

Credevamo di essene fuori, o forse speravamo di esserne fuori, invece no. La prima ondata di Covid-19, nonostante il Piemonte fosse tra le regioni più colpite, così come lo è stata la provincia alessandrina, aveva risparmiato la Val Borbera che aveva reagito egregiamente registrando pochissimi casi, perlopiù concentrati in bassa Valle.  Questa volta non è così, persone colpite dal Coronavirus ci sono, eccome e anche tra gli esercizi pubblici c’è chi è stato costretto a chiudere a causa dei maledetto virus.

Val Borbera – Foto Adriano Giraudo

Chi vive in queste zone,  attribuisce il fenomeno all’estate.  In alta Valle, area a vocazione turistica, mediamente abitano stabilmente poco più di millecinquecento persone,  che raddoppiano e, in alcune situazioni triplicano, proprio durante l’estate con l’arrivo dei villeggianti Tra le attività principali c’é la ristorazione. Già dagli anni ’70 esiste l’Associazione Albergatori Ristoratori delle Valli Borbera e Spinti, di cui fanno parte una ventina di strutture ricettive, i due terzi di quelle esistenti. Ogni anno per 41 anni, l’associazione ha organizzato i tour gastronomici in primavera e in autunno, durante i quali venivano proposte le eccellenze del territorio. L’ultimo è stato quello del 2019.

Per arginare la diffusione del virus, all’inizio della pandemia, lo scorso 9 di marzo, in anticipo rispetto al Dpcm, i ristoratori valligiani hanno deciso di sospendere le attività. Tuttavia Il  18 maggio, quando  probabilmente grazie al lockdown, i contagi erano calati, è stato possibile riaprire.

La ripartenza si è rivelata complicata,  lavorare con il distanziamento interpersonale e le altre misure anti covid-19 ha creato non poche difficoltà.

L’ultimo tour gastronomico

Per riaprire – spiega il presidente dell’Associazione, Michele Negruzzoabbiamo speso soldi per adeguarci alle nuove normative, per accogliere in sicurezza i clienti e per lavorare in sicurezza noi stessi.
Con tutte le difficoltà del caso abbiamo continuato a lavorare. Abbiamo sopportato, quasi in silenzio, che venissimo, per troppo tempo, additati come untori e luoghi di contagio, ma abbiamo passato anche questa.
Il periodo estivo ci ha ridato un po’ di fiato, il tempo è stato clemente e chi ha potuto ha sfruttato gli spazi esterni”.

Questo il passato, ma ora ci risiamo e, i ristoratori si ribellano.

Ora siamo punto e a capo. Siamo tornati ai dpcm, siamo tornati a parlare dei ristoranti come luogo di contagio, addirittura considerati tra le “attività non necessarie” e quindi soggette a riduzione di orario che, per alcuni di noi, vuole dire chiusura! Ora basta, non ci stiamo più!

Il presidente Michele Negruzzo

Le nostre attività hanno, come tanti avranno potuto constatare, fatto sforzi enormi per ridurre i coperti, per attrezzarsi con sanificanti, barriere protettive, percorsi, segnaletiche, divieti, turni, inoltre, ogni giorno, oltre a fare il nostro lavoro e cercare di farlo al meglio facendo di tutto per far rispettar le regole ci sentiamo anche aggrediti verbalmente da chi non vuole seguire le norme perché secondo loro, “il virus non esiste”, “è solo un complotto”, “la museruola non la porto” etc etc.
Il nostro settore rappresenta una fetta importante del tessuto economico del Paese e non è accettabile essere trattati in questa maniera; ci vuole rispetto per il nostro lavoro, per la nostra funzione sociale; non siamo semplicemente dei ristoranti, siamo dei presidi su territori altrimenti abbandonati, siamo quelli che danno valore ai prodotti delle proprie terre trasformandoli e portandoli al palato degli ospiti; siamo quelli che consigliano e fanno conoscere. Stiamo facendo e faremo quanto ci verrà ancora richiesto per continuare a lavorare in sicurezza, nostra e dei clienti, per contrastare questo maledetto virus, per conviverci nella maniera più sicura o per sconfiggerlo, ma chiediamo di poter fare tutto ciò senza essere sminuiti, senza essere considerati degli untori, senza essere considerate attività non necessarie”.

Intanto  per il contenimento del virus, con il  decreto del 25 ottobre, bar e ristoranti dovranno chiudere alle 18, compreso il sabato e la domenica. Sono però permessi l’asporto e la consegna a domicilio fino a mezzanotte. Un danno economico notevole per gli esercizi pubblici, che ora fanno affidamento sulle parole del premier Conte che ha annunciato indennizzi a breve termine.