Siamo abbandonati dallo Stato e le nostre attività rischiano la chiusura”. Mariano Berardi è titolare di tre lavanderie nei centri commerciali Bennet di Novi Ligure, Iper di Serravalle Scrivia e Panorama ad Alessandria. Già nel 2020 il primo lockdown aveva messo in ginocchio il settore, nonostante fosse autorizzata l’apertura: nei centri commerciali quasi tutti gli altri negozi avevano le serrande abbassate e quindi non c’erano clienti per nessuno. Ora, con il secondo lockdown e le ulteriori difficoltà generali, per le lavanderie tradizionali, sostiene Berardi, non è previsto alcun ristoro economico dallo Stato. “Sono stati previsti – spiega l’imprenditore – solo per le lavanderie industriali, che rappresentano l’1% del nostro settore in Italia a fronte di 15 mila lavanderie tradizionali. La scorsa primavera avevamo ottenuto i 600 euro, compresi quelli erogati a maggio, stavolta zero.

Mariano Berardi

Il problema è che siamo costretti a rimanere aperti ma la gente non viene. Oltretutto, nei fine settimana i centri commerciali sono chiusi. A ottobre sembrava che tutto ricominciasse a muoversi nella nostra attività ma è arrivato il secondo lockdown a fermare tutto”. Le lavanderie industriali, ricorda l’imprenditore, lavorano comunque poiché hanno come riferimento ospedali, residenze per anziani ma, ribadisce, “hanno ottenuto lo stesso i ristori”. Berardi ha dovuto mettere in cassa integrazione i dipendenti delle sue lavanderie, mandate avanti dalla sua famiglia. “Siamo alla fame, in sostanza – dice -. In due mesi non abbiamo preso un soldo poiché ci sono da pagare l’affitto, la luce e i fornitori”. In provincia sono circa duecento le lavanderie, oltre a quelle a gettone.