Riceviamo e pubblichiamo:

C’eravamo anche noi, sabato 13 maggio, alla prima visita all’impianto della discarica Riccoboni, non al giro guidato per le istituzioni, seppur, come Legambiente, avessimo ricevuto un invito ufficiale. Abbiamo partecipato come privati cittadini, nei tre turni della mattina (turni di una quindicina di persone, quindi generosamente diremmo che la popolazione che ha visitato l’impianto è stata di una cinquantina di persone in tutto, compresi i neo-dipendenti con i famigliari). Su un aspetto siamo perfettamente d’accordo con i gestori dell’impianto: ci adopereremo e stresseremo gli organi di controllo a vigilare affinché non esca mai dal sito nulla di ciò che sarà lì conferito, né in acqua, né nel suolo, né in aria, come sembrava preoccupato un giovane (probabilmente nuovo lavoratore dell’impianto) che, durante il turno di visita delle 10, arrivato alla centralina sulle rilevazioni in atmosfera, ha posto alcune domande proprio su questo argomento. Dissentiamo, invece, e molto, sul come è stata possibile la realizzazione di questo tipo di impianto proprio a Sezzadio, in località Boschi a Cascina Borio. Da Angelo Riccoboni al Direttore dell’impianto Michele Bellandi, al professor Domenico De Luca, più volte il sito di ex cava è stata definito DEGRADATO, e l’opera attuale, invece, è stata presentata come la soluzione per ridare al paesaggio la dignità sottratta dall’operazione di escavazione precedente. Quest’insistere sulle incapacità locali di gestire il proprio territorio non giova all’azienda, immaginare una discarica come la cura per guarire dalle ferite inferte dall’escavazione di una cava è alquanto deprimente: ogni attività di cava deve completarsi con il previsto recupero ambientale.

La discarica di cascina Borio in fase di allestimento (immagine di repertorio)

Ed i documenti affermano che tale ripristino c’era stato, come accertato dalla competente autorità amministrativa in data 17 dicembre 2014. Altrimenti è un continuo inganno per tutta la popolazione. Inoltre, come si dice nelle conclusioni delle osservazioni presentate dal geologo Luigi Foglino il 10 luglio 2013. “…restano molti dubbi su come, nonostante tutte le norme ambientali di cui disponiamo e la sensibilità verso il bene “acqua”, si possa ancora costruire una discarica nell’ambito di una zona interessata da una falda acquifera straordinaria, in termini di qualità e quantità, quale quella in questione, fondamentale per l’approvvigionamento dell’alessandrino, non trovando applicazione né il principio precauzionale introdotto dalle Direttive 2000/60/CE né il vecchio criterio del “buon padre di famiglia” che dovrebbe imporci di preservare questa risorsa per le future generazioni…”. Sì, perché non possiamo dimenticare quanto l’iter autorizzativo della discarica sia stato lungo e difficile: con un primo diniego a febbraio 2014 in cui, per altro proprio per la situazione delle falde acquifere, la Provincia sottolineava: “Le delicate condizioni al contorno nelle quali si colloca l’impianto necessitano l’inserimento di prescrizioni aggiuntive atte a contenere, limitare e monitorare gli effetti degli impatti generabili, quando una diversa localizzazione richiederebbe il solo rispetto delle BAT di settore con maggiore tranquillità.” Al termine del riportare le considerazioni espresse da ARPA nella relazione conclusiva circa la tematica della potenziale interferenza con la falda profonda. Le parole dell’esimio professor De Luca aggiungono nuovi interrogativi. Sabato, il professore sosteneva come Cascina Borio a Sezzadio fosse proprio il sito ideale per collocare questo tipo di impianti, mentre nel 2015 lui stesso inseriva la zona nelle Aree di ricarica degli acquiferi profondi della pianura piemontese. Insomma, nel 2015 questo sito era da tutelare, e non dimentichiamo che Riccoboni aveva presentato il suo progetto già nel 2012. A fine 2018 invece uno Studio degli acquiferi profondi dell’Ambito Territoriale Ottimale alessandrino eseguito da “GEO engineering s.r.l.” di Torino riperimetra le aree di ricarica eliminando di fatto un’ampia fascia considerata dallo studio a firma De Luca. Ed oggi la collocazione del sito diventa, a detta dell’attuale professor De Luca, perfetta per una discarica; quindi, non resta che augurarci che il “primo” De Luca fosse stato eccessivamente cauto, ma se non fosse così? Da aggiungere anche, che dando ragione allo studio del 2018 e quindi sopprimendo parte delle aree di ricarica dell’acquifero profondo, viene meno uno dei motivi fondamentali di obiezione all’individuazione di AL13 come area idonea per il Deposito Nucleare Nazionale, e vorremmo che anche questo fosse soppesato dal professor De Luca.

Michela Sericano per Legambiente Ovadese Valli orba e Stura