Lo sviluppo del territorio si lega ancora al Terzo valico. La logistica, nelle intenzioni dei promotori della Grande opera, avrebbe dovuto creare lavoro e posti di lavoro quasi come conseguenza naturale. Era stata persino creata una società, poi diventata Fondazione, Slala, rimasta in sostanza inattiva. Nessuno finora ha messo un euro in tal senso e lo scalo merci di Alessandria è rimasto nelle condizioni in cui era. Lo stesso per San Bovo, a Novi Ligure. Per tentarne il rilancio, il Comune ha addirittura accettato di far passare i treni merci del futuro Valico in città nell’ambito della cancellazione dello Shunt, la deviazione della nuova linea verso Alessandria.

Ora c’è un privato che si è detto disposto rilanciare sia San Bovo che, in primis, lo scalo di Arquata Scrivia. Anche in questo caso, servono i soldi, pubblici ovviamente, che finora non si sono visti. L’occasione arriva dai fondi del Patto per il territorio, l’accordo tra gli 11 comuni interessati dal Valico e Rfi: in ballo, 60 milioni di euro. La Fuorimuro di Genova è un’azienda leader nel settore, che già sta operando ad Arquata con la Officine di Arquata (Oda) e ha proposto al commissario di governo del Terzo valico, Iolanda Romano, un progetto da 18 milioni di euro, di cui 11 previsti su San Bovo, per migliorare i collegamenti ferroviari per le merci tra il basso Piemonte e il porto di Genova e con tutto il sistema portuale ligure. Nell’area arquatese, a disposizione ci sarebbero anche gli spazi della Sigemi, uno dei promotori insieme, oltre alla Oda, a Interporto, Sinergy Cargo e Derrik. Dall’azienda petrolifera arriverebbero 120 mila metri quadri come area di deposito dei container, spazi che si aggiungerebbero a quelli delle altre società proponenti: 205 mila metri quadri per un totale di oltre 500 mila.

“L’opera proposta – spiegano le quattro società – per Arquata richiede un investimento complessivo di circa 3 milioni di euro da parte di Rfi e prevede l’adattamento di tre binari lunghi almeno 600 metri per svolgere attività di composizione-scomposizione treni e di carico-scarico container. Uno dei tre binari potrà essere attrezzato sia con tecnologie tradizionali (reach staker) sia con tecnologie innovative, come il sistema automatizzato Metrocargo”. Secondo Interporto, Oda, Sinergy Cargo, Derrik e Sigemi la riqualificazione del Polo di Arquata e dello scalo di San Bovo “può fungere da volano per il successivo sviluppo dello scalo di Alessandria, dove si stima siano necessari investimenti importanti di dismissione e ricostruzione (almeno 50 milioni di euro) che potrebbero essere attivati in un secondo step”.

Lo scalo di San Bovo a Novi Ligure

Fuorimuro si è aggiudicata il bando di concessione per i prossimi cinque anni per quanto riguarda il porto di Genova, ottenendo anche il certificato di impresa ferroviaria, oltre che di manovra. Quindi ha la possibilità di fare trazione in linea sulla rete ferroviaria nazionale. L’idea è dunque quella di estendere l’attività a diversi settori ferroviari, compresa la manutenzione dei vagoni e delle locomotive. “Dal 5 gennaio a oggi – ha dichiarato Melania Molini, responsabile commerciale della FuoriMuro – abbiamo effettuato dieci treni con origine dal terminal VTE e dal terminal SECH nel porto storico adibiti al trasporto di merce containerizzata (talco) destinata all’Interporto di Arquata. E’ un’opportunità importante di sviluppare la relazione, con la possibilità concreta di trasferire da subito almeno 5mila contenitori l’anno dalla strada alla ferrovia”. La riqualificazione di Arquata e San Bovo potrebbe avere ricadute occupazionali per oltre cento persone e per altrettante nell’indotto, secondo il progetto. Sarà la volta buona?