Nelle Terre del Giarolo il biodistretto ci sarà, ma a realizzarlo sarà il territorio

"I soldi del finanziamento li spendiamo per il territorio" . Cavalchini: "Non so perchè Città del bio usa il mio nome"

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Forse per l’affaire biodistretto, si comincia a vedere una luce in fondo al tunnel. Verrebbe da dire, come vuole una celebre battuta: ”speriamo non siano i fari di un treno che sta per travolgerci”. Tant’è che mercoledì 6 dicembre, Palazzo Lascaris, sede della Regione, ha ospitato una riunione cui hanno partecipato: il presidente del Gal, e sindaco di San Sebastiano Curone,  Vincenzo Caprile, il sindaco di Dernice, Carlo Buscaglia, portavoce dei sindaci dell’Unione  Terre Alte, il presidente dell’Unione Val Curone, Fabio Semino e il presidente di Città del Bio Antonio Ferrentino, ad accoglierli il dottor Alfonso Facco. Come già annunciato, quel che resta del “malloppo” dei famosi fondi Fas, che il precedente commissario della Comunità montana, aveva affidato a Città del Bio per la realizzazione di un biodistretto, sono stati affidati in questo giro di giostra, all’Unione Terre Alte, dopo che ben venti dei trenta sindaci delle Terre del Giarolo,  si sono ribellati all’utilizzo dei fondi, che come da progetto di Città del Bio, sarebbero stati utilizzati per studi, indagini e ammennicoli vari. Nel corso della riunione, ancora interlocutoria, che si aggiornerà il 25 gennaio prossimo, i rappresentanti delle Unioni, hanno presentato i loro progetti. Inoltre è emersa anche la necessità di rivedere quali strutture, di proprietà dell’ex Comunità montana non ancora alienati, possano essere utilizzati, ma gli amministratori hanno anche chiesto di poter accedere anche alla documentazione dei beni venduti nel corso della liquidazione. Tornando ai fondi destinati al biodistretto, come già avvenuto nella precedente riunione, sempre a Torino che si è tenuta la scorsa settimana, è unanime la richiesta a Città del Bio, di avere il dettaglio della nota spese emessa dall’associazione per non meglio specificati “studi, indagini, acquisto materiali”, per un totale di 104 mila euro iva compresa, che ridurrebbe i fondi a disposizione del territorio a circa 430 mila euro.

Abbiamo presentato alla Regione – spiega Carlo Buscaglia – una serie di elaborati che vorremmo realizzare. Nel nostro programma abbiamo destinato l’80% del finanziamento a progetti concreti per agevolare il lavoro dei produttori e il 20% per operazioni di marketing, in particolare fiere di settore per promuovere il territorio, come ad esempio Cheese, per i formaggi, Euro carne, Vinitaly, oltre a manifestazioni di promozione turistica. Riteniamo sia indispensabile la collaborazione tra le associazioni di albergatori e ristoratori della Val Borbera-Spinti-Curone-Grue-Ossona e i produttori delle valli, per una reale sinergia a favore dell’intero territorio.

Un esempio di progetti concreti?

Tra i vari progetti, vorremmo realizzare un’idea già elaborata qualche tempo fa, si tratta di una centralina metereologica che sarà molto utile sia per i coltivatori di frutta, sia per i vignaioli.  Resta sempre interessante l’acquisto del distillatore, già nei progetti del Gal, che anche in questo caso vedrebbe tra i fruitori ,gli agricoltori e i vignaioli.  Questo e molto altro presentiamo in Regione. Abbiamo tempo fino al 25 di gennaio per mettere a punto le nostre idee, che poi dovranno essere realizzate nel corso del 2018.

Sembra che l’abbiate spuntata…

“Il nostro obiettivo, sia come amministratori, ma soprattutto come abitanti, è la crescita delle  nostre Valli, quindi il nostro impegno era, è e sarà completamente dedicato a raggiungere tale obiettivo. Per questo auspichiamo che la Regione approvi le idee proposte e riesca a comprendere, che solo chi quotidianamente vive, lavora in questi territori è in grado di determinarne le necessità. Ci siamo battuti fin dall’inizio affinché i finanziamenti non venissero sperperati in inutili studi e analisi, abbiamo perso oltre un anno, ora è tempo di lavorare seriamente”.

Avete perso un anno e anche oltre 100mila euro a quanto pare.

Questo è da vedere. Città del Bio ha presentato voci di spesa, ma dovrà spiegare nel dettaglio a cosa sono serviti questi soldi. Non è sufficiente dire abbiamo speso 58.934 euro per studi e analisi, vorremmo anche sapere a cosa sono serviti questi studi e queste analisi e cosa hanno portato al territorio, così come 15mila euro di attività di promozione e acquisto prodotti; dove sono i prodotti e la promozione dove e quando è stata fatta, e anche in questo caso, con quali benefici? Ma anche tutte le altre voci non sono chiare, rischio di ripetermi, ma mi piacerebbe sapere ad esempio che cosa significa 2.000 euro per “studio distillatore”, cosa c’era da studiare? Ci sono poi 1.500 euro per “studio per spazio sito ecomuseo feudi imperiali”, bastava lo chiedessero a noi, avremmo fornito loro tutte le spiegazioni necessarie gratis. E ancora, 3.700 euro per “progetto Centro Cavalchini”, che ancora non ho capito che cos’è”.

Quest’ultima voce è sufficiente chiederla direttamente al professor Antoniotto Guidobono Cavalchini. Ed è quello che facciamo.

Professore, Città del Bio ha giustificato in un elenco di prestazioni,  3.700 euro per “progetto Centro Cavalchini”, può spiegarci  di cosa si tratta?

L’unica cosa che posso dire è che questi signori hanno preso contatto con l’Università di Milano per insediare, non ho capito quale attività, nell’azienda di Borgo Adorno.

Quindi perché viene usato il suo nome?

L’azienda era intestata a mio padre, e il nome probabilmente è rimasto. Ma questo cosa mi dà ancor più fastidio. Ma questa è una supposizione, esattamente non lo so neppure io perché abbiano usato il mio nome.

Perché della sua proprietà ne può disporre l’Università?

In sintesi la vicenda è questa: a suo tempo ho fatto una donazione all’Università di questa struttura, dove ci sono stalle, una foresteria, macchinari e all’epoca anche animali. Successivamente, ho fatto altre donazioni di terreni, con la condizione che si proseguisse con la destinazione didattica e sperimentale, per le facoltà di agraria e veterinaria.  L’azienda ha costi di manutenzione importanti e capisco che l’Università, in tempi di ristrettezze economiche, abbia deciso di togliersi dei pesi, però avevo proposto di riprenderla, garantendo la disponibilità totale, l’uso della foresteria e le attività didattiche, ora vengo mi arriva questa notizia e onestamente ne sono dispiaciuto. Vedremo cosa succederà in futuro.