Stop a nuovi insediamenti inquinanti nel sito della ex Ics ad Arquata Scrivia. Il Consiglio comunale, nell’ultima seduta, ha approvato la variante al piano regolatore con la quale il Comune vieta l’apertura di industrie classificate come “insalubri di prima classe”, un lungo elenco che comprende la produzione di prodotti chimici, raffinerie, distillerie, allevamento di animali e altro, che per legge vanno localizzati lontano dai centri abitati. L’altra limitazione riguarda le industrie a rischio di incidente rilevante (Rir), cioè impianti industriali che utilizzano sostanze potenzialmente pericolose per la salute umana o l’ambiente in caso di incendio o esplosione. Nei capannoni della ex fabbrica chimica, chiusa dal 2008 ma in attesa di una bonifica definitiva, potranno essere avviate solo attività artigianali o di stoccaggio di materiali. Resta però, come si diceva, da completare la bonifica. Il Comune dagli anni scorsi ha emanato quattro ordinanze relative alle coperture in amianto, alla messa in sicurezza del sito (cioè all’eliminazione di tutte le sostanze chimiche presenti nei capannoni) e alla presentazione del piano di monitoraggio e alle loro proroghe.

Rifiuti all’interno della ex Ics

Per la messa in sicurezza, in particolare, la proprietà del gruppo Ics aveva provveduto alla loro caratterizzazione, imposta dal Comune, facendo emergere la presenza di rifiuti chimici da eliminare per la loro pericolosità, mentre non aveva provveduto al loro smaltimento non avendo a disposizione i fondi necessari, pari a 300 mila euro. Da qui una denuncia da parte dell’Arpa per non aver rispettato l’ordinanza. Nel frattempo, la società è passata dal concordato preventivo (strumento con il quale l’imprenditore cerca un accordo con i suoi creditori) al fallimento, cioè l’incapacità di pagare quanto dovuto, dichiarato il 26 marzo scorso dal tribunale di Milano. L’11 luglio è stata fissata l’adunanza dei creditori per valutare lo stato passivo: in quella sede si potrà comprendere se ci sono i fondi per avviare la bonifica o se saranno i cittadini a pagare, come avviene spesso in questi casi.