Gli allevatori che nei mesi scorsi hanno dovuto abbattere tutti i loro maiali sani per via della peste suina africana stanno ricevendo i ristori dallo Stato. Gli allevamenti sono situati all’interno dei 78 Comuni alessandrini della zona infetta e da marzo hanno dovuto eliminare tutti i loro capi per evitare, secondo il ministero della Salute e la Regione, la diffusone del virus fra i maiali allevati nel resto del Piemonte e in Emilia Romagna. In totale, sono stati abbattuti e inceneriti circa 7 mila capi, svuotando completamente i capannoni. Dal 7 gennaio, giorno della scoperta del primo cinghiale morto a causa della Peste suina a Ovada, gli allevamenti hanno solo potuto alimentare il bestiame, senza poter vendere né la carne né i salumi. Poi è arrivato l’ordine di eliminare tutti i maiali. Sei mesi nei quali questi imprenditori hanno dovuto sostenere solo ingenti spese e vedere cancellata la loro attività. Finalmente stanno arrivando i fondi statali, come ricorda Gianfranco Trinchieri, titolare dell’azienda agricola Trinchieri di Cassine, che aveva più di 1.500 capi. Secondo l’imprenditore, “il ristoro è stato proporzionato al danno subito, essendo basato sul prezzo di ogni maiale nella settimana dell’abbattimento oltre all’Iva”. Gli allevatori attendono ancora il risarcimento per le spese relative all’alimentazione dei maiali dal 7 gennaio in poi e altri ristori. Non ci sono certezze sulla ripresa dell’attività: la chiusura degli allevamenti è certa almeno fino a metà settembre. Tutto questo mentre i veri e propri abbattimenti dei cinghiali attendono l’ultimazione della maxi recinzione da 10 milioni di euro, prevista per il 20 agosto.