L’obiettivo è iniziare l’attività in autunno ma c’è chi darà filo da torcere all’apertura dell’impianto Refuel a Silvano d’Orba. In zona Caraffa, l’azienda del gruppo Benfante punta ad avviare la produzione del cosiddetto “carbone verde” nell’area della ex Sapsa Bedding. La Provincia, dopo l’esclusione dalla fase di valutazione di impatto ambientale (Via), ora si appresta a valutare le osservazioni presentate da associazioni e cittadini in vista dell’autorizzazione definitiva. L’impianto, secondo quanto si legge sul sito benfante.it, riciclerà lo scarto della raccolta differenziata di carta, cartone e plastica come combustibile solido secondario, utilizzato all’estero come combustibile per cementifici. “Quello che in sostanza sarà un impianto di tritovagliatura – spiega il direttore, Enzo Scalia -, dopo l’ok della Provincia, entrerà in una fase di test che durerà da tre a sei mesi a partire da ottobre. A regime gli occupati saranno trenta suddivisi in due turni”. Tutti gli enti della conferenza dei servizi, in sede di Via, hanno dato l’ok dal punto di vista ambientale. Cittadini e associazioni non sono però d’accordo sulla decisione della Provincia di escludere il progetto dalla Via e quindi sull’apertura dell’impianto.

Silvano d’Orba, l’area della ex Sapsa Bedding durante la battaglia per evitare la chiusura e i licenziamenti

L’associazione per la salvaguardia della Valle del Piota, composta da circa venti residenti, dice: “Innanzitutto, a causa dell’emergenza sanitaria non è stato possibile vedere tutti i documenti. Come sostiene la normativa regionale, il sito non è idoneo al trattamento rifiuti, per questo è stata sbagliata l’esclusione dalla Via”. Uno dei punti contestati è l’aumento dei camion sulle strade causato dalla Refuel per il trasporto dei rifiuti a Silvano e per la spedizione del Css attraverso la strada provinciale per Ovada e l’autostrada A26. Secondo Scalia, “sono stati stimati quindici camion in entrata e altrettanti in uscita al giorno. L’impatto senz’altro ci sarà ma purtroppo non ci sono alternative”. Il Carp, il coordinamento ambientalista rifiuti del Piemonte, nelle sue osservazioni inviate alla Provincia in vista della possibile autorizzazione finale, ricorda invece che nel progetto si parla di “80 transiti al giorno complessivi, un dato molto elevato ma comunque sottostimato poiché è basato su un carico unitario di 20 tonnellate per camion. Ma la maggior parte della materia prima entrante nell’impianto è costituita da rifiuti di plastica, con un peso specifico molto basso: sarà possibile un carico in tonnellate unitario per camion di molto inferiore e quindi un flusso di camion di molto superiore agli 80 previsti”. Secondo il Carp, inoltre, il progetto Refuel non rispetta le direttive dell’Unione Europea, “che stabiliscono la scala di priorità per il trattamento dei rifiuti, cioè riuso-riduzione-riciclo-incenerimento-discarica.

Css, combustibile solido secondario

Viceversa, il progetto in questione prevede di produrre grandi quantità di Css, cioè combustibile solido secondario (il “carbone verde”, ndr), mentre l’Unine europea consente di incenerire rifiuti solo se viene dimostrata l’impossibilità di riciclarli”. Il Carp ricorda inoltre che il futuro impianto impiegherà i rifiuti appartenenti al codice Cer 19, considerata la parte più problematica dei rifiuti speciali da trattare poiché difficilmente identificabili: “Saranno 75 mila t annue su 140 mila complessive, oltretutto non pre-trattati prima di essere lavorati, e di questi rifiuti molti rischiano di essere imballaggi di prodotti alimentari, quindi impregnati di sostanze organiche putrescibili, con conseguente rischio sanitario”. Il Carp, tra l’altro, contesta la decisione della Provincia di escludere dalla Via il progetto: “L’impatto ambientale sarà notevole in termini di inquinamento dell’aria, odori molesti, traffico veicolare e rischio di incendio”. Per questo, l’associazione chiede un modello matematico di ricaduta delle polveri sulla abitazioni limitrofe e ricorda che non esiste un sistema per controllare gli odori e che l’impianto dovrebbe essere ad almeno due km di distanza dalle case. Il Carp chiede alla Provincia di non autorizzare l’impianto ma prima di indire una inchiesta pubblica, che permetta a tutte le associazioni e ai cittadini (e anche all’azienda) di esporre i propri punti di vista e le osservazioni sul progetto. Il Comune è in sostanza favorevole: “Nel prossimo confronto relativo all’autorizzazione – spiega il sindaco, Giuseppe Coco – ben vengano, se necessarie, altre prescrizioni ma le istanze sulla salute pubblica e l’occupazione credo possano coesistere”.