Si è creata una ferita tra cittadini e azienda che sarà quasi impossibile sanare”. Così il circolo di Legambiente dell’Ovadese commenta l’ordinanza del Consiglio di Stato che ha autorizzato la Refuel di Silvano d’Orba ha riprendere in pieno l’attività di lavorazione di 140 mila tonnellate annue di rifiuti produrre il il Css, combustibile per cementifici. Le Aree protette dell’Appenino Piemontese, insieme ai Comuni di Lerma, Casaleggio Boiro, Rocca Grimalda e Mornese, al Consorzio dell’Ovada Docg, dall’Associazione per la tutela della Valle del Piota e e vari cittadini avevano impugnato l’autorizzazione provinciale, ritenendola danno per il territorio, e ottenuto una parziale vittoria al Tar. I giudici torinesi avevano stabilito che i rifiuti con codice Cer 19.12.12, fanno parte della filiera dei rifiuti solidi urbani. L’autorizzazione è stata invece rilasciata sul presupposto che Refuel utilizzi solo rifiuti speciali. Da qui l’annullamento dell’autorizzazione, seppure solo riferita a questo aspetto e non alle questioni ambientali sollevate, odori e rumori in primis. La Refuel aveva quindi dovuto ridurre l’attività ma aveva impugnato la sentenza davanti al Consiglio di Stato, che ha accolto, per cominciare, la richiesta di sospenderla, in quanto “l’esclusione della tipologia di rifiuto in esame comporta evidentemente l’interruzione del ciclo industriale, con conseguente grave pregiudizio per l’attività dell’appellante”, cioé della Refuel.

Il Css prodotto dalla Refuel

Il Consiglio di Stato ha anche sottolineato come l’attività dell’azienda sia sottoposta alla vigilanza della Provincia e dell’Arpa e che la stessa Refuel deve eseguire accertamenti sui rifiuti. Per cui, l’attività può riprendere a pieno regime. La Refuel ricorda che la riduzione dell’attività conseguente alla sentenza del Tar ha causato “un danno superiore a 4,5 milioni di euro” e di aver dovuto “rinunciare al ritiro di 10 milioni di chili di rifiuti CER 191212, finiti in discarica. I giudici hanno ritenuto che i dettagliati presidi di tutela ambientale previsti dall’autorizzazione provinciale, rigorosamente rispettati dall’impianto, siano idonei a scongiurare i rischi di inquinamento paventati dai Comuni e comitati che, peraltro, già lo stesso Tar aveva riconosciuto insussistenti”. “Dopo aver scritto osservazioni e aver chiesto e non ottenuto che l’autorizzazione passasse dalla Valutazione di Impatto Ambientale – dice Legambiente Ovadese -, neutrali al ricorso al Tar di cittadini, Comuni e Parco, c’è da dire che se la Refuel ha perso dei soldi, l’unica responsabile è Refuel stessa che ha chiesto ed ottenuto un iter autorizzativo abbreviato. Aveva il diritto di farlo? Certamente sì, ma sarebbe stato più conveniente seguire la strada più lunga, cercando il confronto serio con la popolazione e documentando approfonditamente tutte le risposte alle domande della Provincia. Comunque finisca questa vicenda si è creata una ferita tra cittadini ed azienda che sarà quasi impossibile sanare”.