Terzo valico, il “caos” autorizzato per le rocce scavate nei monti.

Dal 2014 lo smarino è finito anche nei cantieri stradali e nelle aree dedicate ai campi base. Ora a Genova i pm cercano i siti non autorizzati dove è finita la roccia all'amianto.

0
3242
L'abbancamento dello smarino di Castagnola a Libarna, nel 2014
L'abbancamento dello smarino di Castagnola a Libarna, nel 2014

Tutto il territorio tra Genova e Rivalta Scrivia è da considerarsi un unico grande cantiere, per questo il Cociv ha potuto “spargere” le terre e rocce da scavo del Terzo valico (il cosiddetto “smarino”) anche lungo i cantieri stradali e non solo. Senza contare le varie modifiche al Piano cave.

Tre anni fa, con l’avvio dello scavo della galleria di servizio di Castagnola, a Fraconalto, il Cociv aveva stabilito di considerare un tutt’uno i cantieri liguri e piemontesi: diventava così legittimo utilizzare lo smarino al loro interno senza analisi, come aveva evidenziato l’Arpa all’epoca, rivolgendosi al Ministero dell’Ambiente e alla Procura della Repubblica per avere chiarimenti. La prassi è proseguita finora e potrebbe aver creato una certa confusione sulla regolarità dei conferimenti dello smarino, sulla quale sta indagando la magistratura genovese dopo gli arresti di ottobre. L’indagine infatti riguarda un presunto traffico illecito di rifiuti con concentrazioni di amianto, di cui ha parlato l’ex direttore dei lavori del Cociv Giampiero De Michelis, finito ai domiciliari, secondo il quale rocce contenenti la fibra killer, quindi da smaltire come rifiuto speciale, sarebbero state rivendute come detriti da rimettere sul mercato. Una situazione potenzialmente favorita dalla scelta, seppure autorizzata, di diffondere sul territorio lo smarino.

Lo scavo del tunnel di Castagnola
Lo scavo del tunnel di Castagnola

Le rocce, da tre anni a questa parte, sono infatti finite lungo le strade allargate nell’ambito del Terzo valico, utilizzato come “riempitivo” nella costruzione di muri e altro e poi coperte con terra o cemento, come è avvenuto in Val Lemme lungo la strada provinciale 160 nonostante il materiale dovesse andare nella ex cava Cementir di Voltaggio. È stato utilizzato anche come “base” del pavimento del campo base di Arquata Scrivia, nel Parco Piaggio. All’epoca il Comune e alcuni associazioni avevano presentato un esposto alla Procura per segnale la presunta “anomalia” nell’uso di questi materiali ma l’operazione è andata avanti senza problemi.

Non solo: lo smarino che usciva dalla galleria da Castagnola, dove poi è stato rinvenuto l’amianto, è stato per diverso tempo portato a Libarna, nel territorio di Serravalle Scrivia e Arquata, anziché nell’area di località Pieve, a Novi Ligure, come prevedeva inizialmente il piano cave. A fine 2015, sempre in base alle autorizzazioni della Regione, nella ex cava Cementir di Voltaggio è cominciato il conferimento di smarino da Castagnola e in parte ridotta anche da Radimero di Arquata, quando il sito a ridosso del Lemme dovrebbe ospitare le rocce del vicino cantiere Vallemme.

L’Arpa sosteneva che questi materiali dovessero andare solo nei siti del Piano cave per essere controllati. “Non è tanto un problema di materiali inquinati – avevano spiegato all’epoca i tecnici dell’agenzia – quanto una questione normativa su come smaltire questi materiali”. Alla fine, da Roma è arrivato l’ok alla decisione del Cociv, secondo il quale tutto era stato deciso in base alla normativa, controlli compresi. Lo scorso anno era intanto emersa l’esistenza di un’indagine riferita ad alcune cave dopo un blitz dei carabinieri nella sede della Provincia, ad Alessandria, per acquisire una serie di documenti. Si parlava anche di siti di deposito dello smarino del Terzo valico.