Val Borbera. A  proposito di peste suina….I ristoratori si ribellano.

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L’ Associazione Albergatori e Ristoratori delle Valli Borbera e Spinti a firma del presidente Michele Negruzzo invia questa accorata lettera  dopo l’ordinanza ministeriale che vieta la caccia a seguito dei casi riscontrati di peste suina nel territorio.

L’ennesima tegola sui nostri territori, sul nostro lavoro, sulle nostre vite.
Con enorme fatica ci stavamo rialzando, stavamo tornando a reggerci sulle nostre gambe ed ora, sempre a causa di decisioni incomprensibili, siamo stati azzoppati, ancora e di nuovo.
Decisioni che dimostrano, se ancora ce ne fosse bisogno, di quanto una certa maniera di fare politica sia lontana dalla realtà che ognuno di noi vive quotidianamente sulla propria pelle.
Di fatto siamo ripiombati, per sei mesi in zona rossa, è stato decretato un nuovo lockdown, questa volta insensato.
Le decisioni prese non tengono conto dell’impatto enorme che avranno sulla nostra economia e sulle nostre vite, nell’immediato e nel medio e lungo termine.
Un intero territorio che si ferma, anzi arretra, proprio nel momento in cui ci sarebbe più bisogno di avanzare in maniera energica e decisa per uscire da questo tunnel.
Un’intera popolazione ostaggio di scelte incomprensibili, insensate, eccessive.
Un’intera filiera che viene dichiarata fuorilegge.
L’auspicio è che ci sia un ravvedimento, una presa di coscienza di quanto questa decisione creerà un immobilismo abnorme rispetto al problema.
Ci si augura che dal territorio si alzino più voci che in maniera univoca possano far capire l’esagerazione di questo provvedimento.
Un territorio vocato al turismo escursionistico ed enogastronomico, un territorio che si presta a svariate attività e sport outdoor…un territorio a cui viene precluso tutto ciò per sei mesi con tutto ciò che ne consegue.

Il presidente Michele Negruzzo

Tutte le nostre piccole realtà lavorative, già duramente segnate in questi anni, subiranno un altro, ennesimo, duro colpo. Per fortuna siamo anche una popolazione, storicamente, di ribelli, probabilmente è nel nostro Dna, mica per niente il Cammino dei Ribelli è nato qui.
I ribelli siamo noi, indigeni, che abbiamo scelto di rimanere nelle nostre terre per farle rinascere quando, forse, era più facile andarsene altrove come altri hanno fatto, chi per scelta, chi perché non aveva alternativa. Ribelle è anche chi ha scelto di venire a vivere accanto a noi, in questi territori selvaggi, dove “non c’è nulla”, dove d’inverno “Ma cosa fai? Come passi il tempo? Chissà come vi annoiate”, ma dove per noi è il centro del mondo.
I ribelli, ora più che mai, dovranno essere uniti e parlare con una voce sola per far capire l’insensatezza di questo provvedimento e per portarne alla sua immediata correzione perché è impensabile chiudere (di fatto è come se chiudessimo) le nostre attività per altri sei mesi, sarebbe una condanna a morte”.