“La Provincia s’era scordata della falda acquifera e l’Arpa non si è mai espressa sul rischio di una possibile contaminazione”. I 25 sindaci dell’Acquese, un’intera porzione del territorio provinciale, schierati a tutela della risorsa idrica di Sezzadio-Predosa messa a rischio dalla discarica di rifiuti della Riccoboni e dallo smarino del Terzo valico, replicano al comunicato con il quale ieri la Provincia ha tentato di eludere le sue responsabilità nella vicenda. Palazzo Ghilini, guidato da Rita Rossa, esponente del Pd, ha infatti già autorizzato l’accumulo del rifiuti di cascina Borio e politicamente è favorevole al Terzo valico. Le rocce a rischio amianto potrebbero arrivare anche nell’Acquese e aggiungersi al pericolo rappresentato dal progetto Riccoboni. A tal proposito, i sindaci ricordano di aver partecipato all’iter autorizzativo solo dalla terza conferenza dei servizi, “dopo aver chiesto di essere invitati in quanto portatori di interesse legittimo, poiché il loro approvvigionamento idrico dipende in gran parte dall’acqua proveniente dal campo pozzi di Predosa, la cui area di ricarica insiste sotto la zona della discarica”. Inoltre, solo su loro richiesta è stata invitata anche Amag, gestore degli acquedotti e dei pozzi, nonché la Regione. “Sino ad allora – sostengono i primi cittadini acquesi – evidentemente, né i tecnici della Riccoboni né la Provincia si erano posti il problema della salvaguardia delle falde acquifere profonde, e quella che la Provincia ora definisce “problematica principale” non era assolutamente stata presa in considerazione”.
Fu proprio la Regione, o meglio un suo Settore, in particolare, a indicare il pericolo: “Il sito prescelto – scriveva nel 2012 l’ingegner Salvatore De Giorgi – non risulta pienamente idoneo, per ubicazione e caratteristiche, a ospitare un impianto di discarica dal momento che l’intervento interessa un sistema idrico sotterraneo vulnerabile e vulnerato”. In sostanza, i rifiuti possono inquinare la falda profonda. I sindaci, per questo, forti anche dei pareri tecnici in loro possesso, ricordano di non aver condiviso quanto emerso dalla conferenza dei servizi e di aver “sottolineato che il livello di approfondimento delle indagini svolte non può considerarsi né esaustivo né sufficiente a dirimere tutti i dubbi che sono stati sollevati, perché condotto su premesse metodologiche errate, poiché non è stata presa in considerazione la struttura idrogeologica della zona”. Nel suo no iniziale alla discarica (impugnato dalla Riccoboni e annullato dal Tar in tempi brevissimi), infine, la Provincia non si è basata sul principio di precauzione ma su altri presupposti rivelatisi poco efficaci, nonostante lo citi nel comunicato di ieri. Oltre a Sezzadio, anche i Comuni di Acqui Terme e Strevi da una parte e di Cassine, Castelnuovo Bormida e Rivalta Bormida dall’altra hanno impugnato l’autorizzazione alla discarica datata 2016.
Anche Sezzadio Ambiente, uno degli organizzatori della manifestazione di domani, dice la sua contro la Provincia con Piergiorgio Camerin: “Oltre ad aver deciso di non partecipare al ricorso in Consiglio di Stato sulla vicenda (fatto che di per sé la dice lunga su quanta attenzione ha dato al problema) la presidente della Provincia Rita Rossa ha di suo pugno emesso una risposta agli avvocati della Riccoboni in cui auspicava che le loro istanze trovassero accoglimento in sede del Tar Piemonte. Atto talmente scandaloso che la lettera è stata presa dalla difesa della Riccoboni e portata in tribunale nelle memorie difensive del ricorso contro la stessa Provincia. Quando è stata denunciata questa cosa la Rossa si è limitata a dire che non si era accorta che avesse risposto su carta intestata della Provincia. Peccato che ormai il danno era fatto. Per chiudere l’opera, la “signora delle discariche” ha ben pensato di firmare di suo pugno l’autorizzazione alla discarica senza nemmeno convocare la conferenza dei servizi e compiendo un atto illegittimo”.