Il nome non compare essendo coperto da molti omissis ma è facile intuire che si tratta delle imprese del gruppo Franzosi, uno dei maggiori in provincia nel settore edile e stradale. Anche il Consiglio di Stato, massimo organo della giustizia amministrativa, ha confermato tutto: il provvedimento della prefettura che nel 2015 ha ritenuto infiltrate dalla ‘ndrangheta le aziende del gruppo tortonese è legittimo e non va annullato come chiedevano i legali della Franzosi Spa, Franzosi cave, Franzosi strade e Franzosi edilizia. I giudici romani hanno quindi ritenuto corretta la sentenza di primo grado emessa dal Tar lo scorso anno ma hanno preferito non citare i nomi dei ricorrenti.
Nel 2015, con gli arresti scattati con l’operazione Triangolo, emergeva il ruolo importante, secondo gli investigatori, di Giorgio e Alberto Franzosi, padre e figlio titolari del gruppo, nel traffico illecito e nell’occultamento nelle ex cave di decine di migliaia di tonnellate di rifiuti, provenienti da Lombardia e Liguria e nascosti nel Tortonese, anche in aree in seguito coltivate a grano. Finiti sotto sequestro siti come la cava di cascina Viscarda, a Sale, di cui erano titolari proprio i Franzosi. Il processo si aprirà 14 marzo dopo una prima udienza nel settembre scorso.
Proprio da quell’indagine erano emersi i legami tra i Franzosi e Francesco Ruberto (altro nome coperto da omissis nella sentenza del Consiglio di stato), noto imprenditore tortonese del settore edile legato, secondo i giudici, a soggetti quali Giuseppe Morgante, Aldo Gaglianò, Carmine Giuseppe Verterame, Calogero Sendi, Antonio Tepaldi, esponenti di spicco della ‘ndrangheta calabrese.
Per le aziende del gruppo colpite dall’interdittiva antimafia della prefettura sono quindi confermati gli stop ai contratti con enti pubblici o per opere pubbliche, come la fornitura di ghiaia per il cantiere del Terzo valico di Voltaggio, attività già sospesa da tempo. Il Consiglio di stato ha infine condannati le aziende del gruppo tortonese a pagare 3 mila euro di spese legali.
Secondo l’avvocato Paolo Scaparone, legale dei Franzosi, la vicenda dal punto di vista amministrativo non finisce qui: “Ci rivolgeremo alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Il Consiglio di Stato ha ritenuto legittimo il provvedimento della prefettura in base a prove che non dimostrano una reale infiltrazione della criminalità organizzata nelle aziende del gruppo. I giudici – dice ancora il legale torinese – parlano infatti di reato sintomatico legato alla questione del traffico illecito di rifiuti senza che sia ancora stata emessa una condanna penale in tal senso. Confidiamo nel fatto che a Strasburgo i giudici siano meno ossessionati dalla mafia rispetto all’Italia. C’è poi l’aspetto occupazionale: nonostante la legge preveda, in casi del genere, il commissariamento delle aziende per permettere loro di andare avanti, in questo caso il prefetto non ha previsto nulla del genere, cosa invece avvenuta a Roma per le cooperative coinvolte nell’inchiesta Mafia capitale”. Secondo Scaparone, Provincia e comuni non sono obbligati a ritirare le licenze concesse negli anni ai Franzosi ma è invece probabile che agiscano in tal senso se non lo hanno già fatto. Il gruppo ha intrapreso altre azioni legali, come contro il Comune di Castelnuovo Scrivia, che ha revocato la concessione per la coltivazione della cava di cascina Maddalena. I giudici del Tar di Torino, nel respingere anche questo ricorso, hanno condannato, anche in questo caso, la Franzosi Cave a pagare 2 mila euro di spese legali al Comune.
Una situazione che, al momento, non avrebbe avuto conseguenze pesanti per i circa 100 dipendenti del gruppo, distribuiti nelle sedi Voghera, Tortona e Basaluzzo. L’attività in sostanza prosegue grazie agli appalti privati.
In passato Giorgio Franzosi ha subito una condanna in via definitiva per tangenti.