Inaugurazione mostra di Emilio De Brevi

“Papà, dal bianco e nero, riusciva a riscoprire il colore. Tutti noi ci chiedevamo come potesse farlo. Ma ci riusciva pienamente, stupendo tutti”-.

Emilio De Brevi

Parla Marco De Brevi, figlio dell’artista Emilio la cui opera pittorica, almeno in parte, è in esposizione sino al 7 gennaio all’ex Caffè Roma di via Berthoud a Serravalle. Una splendida mostra che lascia un pizzico di rammarico, poiché Emilio De Brevi sarebbe effettivamente un pittore da grandi platee, gallerie e persino musei. Ma si sa, in Italia e non solo, la storia dell’arte la fanno i mercanti. I grandi mercanti che consacrano gli artisti sia buoni che mediocri, oppure li usano come Kleenex, funzionali al solo periodo necessario alla vendita delle opere raccolte da loro stessi e custodite in magazzino, fino a esaurimento. Colpa dei critici (pagati), colpa del pubblico che abbocca puntualmente al tele imbonitore di turno. Ma anche colpa di chi non sa cernere l’arte dall’opportunistica falsità.

Autoritratto

Purtroppo Emilio De Brevi era un uomo schivo, alieno dai salotti dove si “crea l’artista”. Schivo, bravissimo, introverso e invendibile, proprio come sanno essere i veri artisti. Il suo fiume di colori scaturiva dal cuore e dalla mente, talvolta con una forza che sembra voler dire: ”sono qui, guarda, ascoltami e fai parlare il tuo cuore”.

I suoi dipinti nascevano talvolta anche dalla rabbia intrinseca per ciò che osservava nel mondo e sapeva mirabilmente trasferire sulla tela.

Marco De Brevi

È il caso del grande quadro “Ammirando Togliatti”: dipinto in un’aperta polemica con Renato Guttuso. In questo sottolineo una pecca da parte dei curatori della mostra, in quanto questo autentico capolavoro non era presente all’inaugurazione, sabato scorso, se non con una piccolissima foto seminascosta. Non perché il quadro sia custodito gelosamente da qualche collezionista. Qualcuno, pare, poteva essere disturbato dalla presenza di “Ammirando Togliatti” ritenendo fosse “troppo comunista”.

Supplica

Immagino quale mente elucubrante possa aver partorito questo miserabile pensiero. Forse una di quelle che insistette nel voler togliere il quadro dedicato a Don Orione, presente per anni nella chiesa parrocchiale di Serravalle. In paese si vocifera che qualche stolta famiglia benpensante, pensò di atteggiarsi a fenomeno, imponendo l’allontanamento della tela dalla chiesa, dono dello stesso De Brevi al Clero. Dovunque si trovi adesso, appeso in permanenza, starà sicuramente meglio di prima.

Bambini nel bosco

Ma torniamo ad “Ammirando Togliatti”. Marco De Brevi mi disse che dopo aver visto il quadro di Guttuso, intitolato “Funerali di Togliatti”, il padre Emilio tornò a casa e dipinse furiosamente le proprie “esequie” al Grande Comunista, eliminando però quelle che l’artista definiva “ipocrisie” guttusiane, forse troppo supine al PCI, ponendo all’attenzione i volti dei veri democratici dell’epoca, cominciando da Gramsci fino a Berlinguer. Mi auguro che in seguito alle numerose richieste, il buon Marco De Brevi abbia riportato all’ex Caffè Roma la rossa tela che comunque, molto opportunamente, compare nel prezioso catalogo della mostra. Polemica o no, non si può non rimarcare nel tratto pittorico di De Brevi, una certa assonanza espressionistica proprio con Guttuso, dove però l’originalità emerge nell’interpretazione di scene di vita care all’impressionismo. Seurat su tutti.

L’opera di Emilio De Brevi, scomparso nel 1995, pulsa di umanità e di straordinaria attualità. Difficile identificare i quadri che maggiormente mi hanno colpito. Provo a individuarne alcuni. In primis la “Supplica” che riproduce una madre palestinese che implora un milite israeliano, “coraggiosamente” armato e minaccioso (sono convinto sia ispirato dal massacro ordito dagli israeliani a Tall El Zaatar), a cui abbinerei la “Madre in bilico sulla vita”, “L’essere madre nel Vietnam”, “Progresso” e lo stesso autoritratto che rappresenta l’immagine di copertina del catalogo. Qui occorre soffermarsi sugli occhi dei protagonisti di questi dipinti. Occhi magnetici, espressivi, drammatici, ora imploranti, ora sarcastici. Dagli occhi si dipana l’intera immagine, gravida di riflessioni.

E poi c’è l’altrettanto drammatico “Bambini nel bosco”, dove prevale la denuncia del lavoro minorile; il quadro della cena nelle montagne del cuneese, dove la mente richiama inevitabilmente “I mangiatori di patate” di Van Gogh e la solare luce che emana “La mietitura”, dove come sopraffatti emergono dal campo di grano con triste rassegnazione, giovani contadini.  Suggerirei al visitatore di soffermarsi su questo campo di grano e valutarlo proprio nel suo messaggio con quei conclamati “campi di grano” di un noto artista romano che non cito per nome per non offendere la suscettibilità dei “critici d’arte” (e soprattutto per non essere sbranato vivo dai marcanti che ne vendono a migliaia).

Qui c’è rappresentazione. Non solamente data dal figurativismo ma dal cuore d’artista di De Brevi. Negli altri più famosi e costosissimi “campi di grano”, c’è industria e mercificazione.

La mostra è patrocinata da Comune ed è stata allestita in collaborazione con l’associazione “Amici dell’arte” di Serravalle e dall’associazione “UNiDue Valli Borbera e Scrivia”.

Non ci sono moltissime opere che testimoniano la grandezza di Emilio De Brevi. Ma queste presenti alla mostra serravallese non sono fortunatamente le ultime conosciute. Tanto da farci sperare in una nuova esposizione con nuove opere. Magari senza aspettare altri 15 anni.