“Sempre aperto” c’è scritto nella pagina Facebook dell’agriturismo Il Maggiociondolo, a Dova Superiore. C’è però il rischio che non sia più così. Il locale è un simbolo in Val Borbera e in particolare della frazione di Cabella Ligure: è stato aperto nel 2000 dopo sei anni di lavori e fa parte del progetto che ha salvato il borgo dall’abbandono, iniziato nel 1984, come si legge sul sito web della frazione, nel 1984, con l’istituzione della “Cooperativa delle Terre Bianche“: l’obiettivo era raccogliere il fieno nei prati, di venderlo e con esso anche alcuni prodotti tipici. I soci costruirono un capannone e nel 1990 una stalla dove da allora sono allevati mucche e vitelli, in estate portati al pascolo. Otto anni dopo è stato ampliato l’acquedotto e da vent’anni si svolge la Festa della Montagna. La mente della rinascita di Dova Superiore è stato don Luciano Maggiolo, parroco del paese, che ora è anziano è teme di non riuscire più a mandare avanti tutta la “baracca”. Così, ha deciso di chiudere la cooperativa e prevede di creare un museo dedicato alla storia contadina nella sede della società. All’agriturismo, invece, ci ha pensato Giacomo D’Alessandro, l’ideatore del Cammino dei Ribelli (“130 km a piedi in 7 giorni nella sconosciuta Val Borbera. Un cammino sociale nella natura selvaggia dell’Appennino tra Liguria e Piemonte, per ascoltare storie sorprendenti e incontrare i testimoni di una ostinata rinascita contadina, sociale, spirituale”), poco prima di Natale ha lanciato un appello su Facebook: “Aiutiamo don Luciano a continuare un sogno”.

Giacomo D’Alessandro e don Luciano Maggiolo (foto da Facebook)

Il parroco, ricorda D’Alessandro, “è un prete che non si dimentica, un “ribelle” che negli anni dello spopolamento dei paesi ha scelto insieme ad altri di tirare su una cooperativa per fare prodotti del territorio. E ci è riuscito. Ci ha raccontato anche che oggi il Maggiociondolo è ad un punto di svolta, di cambiamento, che può segnare la sua fine. Oppure, l’apertura di una fase nuova. E tutti noi davvero lo speriamo. C’è un tempo per ogni cosa: adesso è il tempo di trovare nuove persone o una famiglia che vogliano prendere in gestione il Maggiociondolo, e continuare, rilanciare, una storia di resilienza, passione, ospitalità, vita rurale, auto-produzioni, turismo sostenibile. Certo, una enorme sfida, in un luogo lontano, dal fascino grande, come grande è la scommessa di abitarlo. Gli abbiamo promesso che avremmo fatto girare il suo appello, indicando a chiunque fosse interessato concretamente ad approfondire la questione, di contattarlo e fargli visita”. Finora, all’appello hanno risposto in quattro, dice D’Alessandro, “persone che ho messo in contatto con don Luciano. È un segnale positivo”.