L'area di cascina Borio allagata nel 2020 prima dell'eliminazione dell'acqua da parte della Riccoboni

Un esposto ai carabinieri del Noe e un’istanza alla Provincia per chiedere la revoca dell’autorizzazione. In attesa della sentenza del Consiglio di Stato, prevista in autunno, il Comune di Sezzadio e sei cittadini giocano altre carte per difendere la falda acquifera che dà da bere a migliaia di cittadini dell’Acquese dai potenziali rischi rappresentati dalla realizzazione della discarica di rifiuti di Cascina Borio. Un’operazione già avviata senza che, al momento, sia ancora iniziato il conferimento nella ex cava dei materiali frutto dell’attività delle aziende del gruppo Riccoboni, compresa quella della Grassano di Predosa. Finché, infatti, non arriverà l’ok al progetto della tangenziale, la discarica non potrà partire. L’iter è stoppato dal parere negativo della Commissione paesaggistica che teme ricadute negative sull’abbazia di Santa Giustina. L’amministrazione comunale e i sei sezzadiesi hanno scritto i carabinieri che si occupano di reati ambientali e alla Provincia ricordando innanzitutto quanto stabilisce l’autorizzazione alla discarica, rilasciata nel 2016 da palazzo Ghilini alla Riccoboni, cioè l’obbligo di un piano di monitoraggio della falda, che al Comune non è mai pervenuto. Per questo, si chiede di accertare “se il fondo della discarica sia attualmente posto a una quota inferiore rispetto a quella prevista dal progetto autorizzato nel 2016, in violazione delle prescrizioni, e se, nell’area di discarica, la quota di massima escursione della falda freatica superficiale sia superiore a quella stimata ai fini dell’autorizzazione dell’impianto”.

Uno striscione a Sezzadio

Il rischio è che, una volta depositati i rifiuti, nonostante gli accorgimenti tecnici previsti, i materiali e i loro liquami vengano a contatto con l’acqua. Per sostenere questa ipotesi viene ricordata la notevole quantità di acqua presente nella ex cava dopo l’alluvione del 2019, rimasta in superficie per mesi nonostante l’assenza di precipitazioni e pompata via dalla Riccoboni. C’è un altro aspetto rilevato sia nell’esposto sia nella richiesta di revocare l’autorizzazione per il mancato rispetto delle prescrizioni: l’area di cascina Borio risulta compresa nelle cosiddette “aree di ricarica di acquiferi profondi”, tutelate ai fini dell’uso idropotabile dalla Regione nel Piano di Tutela delle Acque, contro il quale ha Riccoboni ha presentato ricorso al Tar chiedendo ai giudici l’estromissione del sito dove sta sorgendo la discarica, come indica l’esposto. La Riccoboni, da parte sua, per replicare all’istanza partita da Sezzadio, ha fatto scrivere a tutti i destinatari dai suoi legali, sostenendo che il Comune e i cittadini basano le loro tesi “su argomentazioni inconsistenti sul piano fattuale e giuridico. Nella scrittura si evidenzia che lo “”Studio degli acquiferi profondi” commissionato dall’Egato6 aveva lo scopo di supportare la Regione Piemonte nella riperimetrazione delle zone di riserva e delle aree di ricarica della falda profonda comprese sul territorio di sua competenza e ha accertato che il sito di Cascina Borio, dove sorgerà l’impianto Riccoboni, si trova al di fuori delle aree di ricarica di falda.

La Grassano di Predosa: da qui i rifiuti che la Riccoboni intende mettere sulla falda a cascina Borio

Solo la decisione finale della Conferenza dell’Egato6 di trasmettere unicamente la richiesta di ridefinizione delle aree di riserva ha impedito alla Regione di avviare la riperimetrazione anche di quelle di ricarica, ed è per ufficializzare la situazione sancita nello studio che Riccoboni ha presentato ricorso. L’esposto – prosegue l’azienda – si sofferma poi sulla nuova, e più restrittiva, disciplina regionale in materia di Aree di ricarica degli acquiferi profondi, entrata in vigore nel febbraio 2018, per chiedere la sospensione dei lavori di realizzazione di Cascina Borio e un’istruttoria che ne verifichi la rispondenza delle caratteristiche costruttive. Pur segnalando che in nessun caso a un impianto già in costruzione può essere applicata in modo retroattivo una nuova normativa, il Gruppo Riccoboni evidenzia di essersi sempre attenuto, in fase progettuale e di realizzazione, a criteri di sicurezza migliorativi rispetto alle prescrizioni allora in vigore, con il risultato che l’impianto di Cascina Borio soddisfa pienamente anche le nuove condizioni oggettive richieste dalla DGR 12-6441/2018 sulle aree di ricarica degli acquiferi profondi. Una situazione – conclude – che il Comune di Sezzadio ben conosce poiché i consulenti tecnici che curano il progetto sono già stati chiamati ad esporla di recente nell’ambito del ricorso per accertamento tecnico preventivo promosso sempre dall’amministrazione comunale e dichiarato inammissibile dal Tribunale di Alessandria”.