Non è possibile individuare preventivamente tutti i singoli futuri fornitori dell’impianto” e “la natura dei rifiuti conferiti nell’impianto ha formato oggetto di approfondimento già nella fase di verifica”. Per questi e altri motivi il Consiglio di Stato ha accolto del tutto l’appello presentato dalla Refuel di Silvano d’Orba, respingendo definitivamente l’opposizione all’impianto di trattamento rifiuti insediato nella zona industriale della Caraffa. A opporsi sono stati le Aree protette dell’Appenino Piemontese, i Comuni Casaleggio Boiro, Rocca Grimalda e Mornese (Lerma si è tirata indietro), il Consorzio dell’Ovada Docg e l’Associazione per la tutela della Valle del Piota oltre a vari singoli cittadini. In ballo c’era la lavorazione di 140 mila tonnellate annue di rifiuti per produrre il Css, il combustibile per cementifici. La scorsa primavera il Tar aveva accolto il ricorso contro l’impianto solo per un aspetto, la mancata verifica della provenienza dei rifiuti con codice CER 19.12.12 da parte della Provincia in sede autorizzativa. Sono materiali appartenenti alla filiera dei rifiuti solidi urbani mentre l’autorizzazione è stata rilasciata sul presupposto che Refuel utilizzi solo rifiuti speciali. La sentenza, che aveva ridotto pesantemente l’attività della Refuel, era già stata sospesa a luglio dal Consiglio di Stato, che pochi giorni fa si è pronunciato in via definitiva.

Come già il Tar, ha anch’esso respinto tutte le eccezioni sollevate dal Parco e dagli altri ricorrenti sul problema degli odori e delle polveri e poi annullato la sentenza anche per quanto riguarda i rifiuti con codice CER 19.12.12, sostenendo, tra l’altro, che “in fase di autorizzazione, non è possibile individuare preventivamente tutti i singoli futuri fornitori dell’impianto che sono, ovviamente, mutevoli nel tempo. La verifica in concreto della qualificazione del rifiuto pertiene invece alla fase di esercizio dell’impianto e all’accertamento del rispetto delle prescrizioni dettate in sede di autorizzazione. Nel caso in esame, gli unici impianti già noti al momento dell’istruttoria erano quelli del gruppo Relife di cui Refuel è parte, in ordine ai quali risulta che siano state fornite all’Amministrazione tutte le informazioni richieste”. Riguardo alla natura dei rifiuti conferiti nell’impianto, c’è già stato un “approfondimento già nella fase di verifica di assoggettabilità a VIA, in particolare attraverso l’esame di uno specifico studio di “impatto odorigeno” elaborato dall’Università di Genova, nel quale viene attestata l’assenza di impatti significativi sotto tale profilo”. L’azienda ha assicurato che “il limite posto alle emissioni odorigene è pari a 200 OUE/m3, che corrisponde (secondo quanto affermato dall’appellante, senza idonea contestazione ex adverso) al valore più cautelativo possibile. Le concentrazioni odorimetriche tollerabili in caso di trattamento meccanico vanno da 200 a 1.000 OUE/m3”. Marco Benfante, amministratore delegato di ReLife Group, commenta: “Abbiamo sempre lavorato in modo trasparente e in osservanza delle normative del settore. Siamo lieti di mettere fine a questa disputa, che ci ha ingiustamente danneggiato”.