La discarica di cascina Borio in fase di allestimento (immagine di repertorio)

Tutto regolare: l’acqua nella ex cava arrivava dal cielo. La Riccoboni replica al Comune di Sezzadio sulla situazione all’interno della ex cava di cascina Bosio, dove è in fase di allestimento la discarica di rifiuti da oltre un milione di metri cubi. L’amministrazione comunale ha ottenuto dal ministero dell’Ambiente una verifica, di cui è stata incaricata la Provincia, sulla tutela della falda dopo che, a partire dal 2019, sul fondo della ex cava è rimasta presente per un lungo periodo molta acqua, attualmente scomparsa poiché pompata altro e per la posa di terra e materiali utili alla discarica. Secondo i geologi incaricati dal Comune, quell’acqua, presente in quantità notevoli e rimasta per lungo tempo, arriva dalla falda sottostante dalla quale prendono acqua gli acquedotti dell’Acquese poiché si sarebbe scavato troppo in profondità, senza rispettare i limiti indicati nell’autorizzazione rilasciata nel 2016 dalla Provincia. Inoltre, l’azienda non avrebbe effettuato correttamente i dovuti controlli sulla falda. La Riccoboni, invece, in un dettagliato comunicato, sostiene che le prescrizioni sono state tutte rispettate e che quell’acqua si è accumulata per via della pioggia. “L’Amministrazione comunale in carica a Sezzadio – dice l’azienda – continua ad alimentare ipotesi fantasiose, travisando deliberatamente i fatti, per supportare iniziative che hanno il solo scopo di creare difficoltà alla realizzazione di un impianto che la legge sancisce essere di pubblico interesse. L’invaso di Cascina Borio rispetta tutti i requisiti di legge e ogni avanzamento di cantiere è stato notificato e verificato dagli enti di controllo in corso d’opera.

L’area di cascina Borio invasa dalle acque

I fatti sono che negli ultimi tre anni Riccoboni Holding ha condotto un monitoraggio periodico sullo stato della falda, che continuerà anche nel prossimo futuro, realizzando un anello di controllo intorno al perimetro del sito di Cascina Borio, composto da 8 piezometri in falda superficiale e 1 in falda profonda, che ha sempre restituito dati coerenti a quelli di serie storica sulla base dei quali venne richiesta e ottenuta l’autorizzazione di impatto ambientale (Aia). In alcuni casi le misurazioni dei piezometri sono state condotte direttamente da personale tecnico di Arpa e della Provincia di Alessandria. I dati rilevati hanno sempre dimostrato con chiarezza il rispetto del franco di tre metri previsto dall’Aia”. A proposito del fondo scavo e del rispetto del franco prescritto, “nel biennio 2019/2020 la Provincia ha condotto ripetuti accertamenti nel sito sul corretto andamento dei lavori, sempre documentati dai relativi verbali redatti dai funzionari, a cui bisogna aggiungere le relazioni periodiche sullo stato di avanzamento lavori che la direzione lavori ha compilato e inviato all’ente. In questi documenti è segnalato l’avanzamento nel corso del 2019 dei lavori di posa dello strato di argilla impermeabilizzante sulle pareti e sul fondo dell’invaso, un materiale che ha un’impermeabilità dieci volte superiore a quella richiesta dalla normativa vigente e dall’Aia. Questo, unitamente al fatto che il fondo naturale è anch’esso costituito da argilla autoctona con elevate proprietà impermeabili, è il motivo per cui, a partire dalla primavera 2019, le precipitazioni più abbondanti hanno portato al formarsi di accumuli considerevoli di acque meteoriche all’interno dell’invaso.

La Grassano di Predosa: da qui i rifiuti che la Riccoboni intende mettere sulla falda a cascina Borio

La captazione e lo scarico di queste acque si è potuta effettuare solo in seguito all’ottenimento dell’autorizzazione necessaria, rilasciata a maggio 2020”. secondo la Riccoboni, “ogni possibile teorico pericolo per la falda è già stato escluso sia da Arpa, in sede di conferenza dei servizi, sia nello studio sugli Acquiferi profondi commissionato dall’ente di governo dell’Ato6 alessandrino: due sedi di cui il Comune di Sezzadio è parte. Anche la Provincia di Alessandria, nel rigettare il 3 maggio scorso l’istanza di revoca dell’autorizzazione, nuovamente promossa dal Comune di Sezzadio, ha ribadito che “…gli studi tecnici ora prodotti all’attenzione dell’Egato 6 hanno addirittura evidenziato che il sito dove si collocherebbe la discarica è al di fuori dell’area di ricarica”. Eppure, prima di rivolgersi con quest’ultimo atto al Ministero della Transizione ecologica e ad altre autorità, l’amministrazione sezzadiese aveva già provato nei mesi scorsi ad appellarsi al Tribunale di Alessandria, paventando anche in quel caso possibili rischi per la falda “non sulla base di una valutazione tecnica fondata su dati certi” ma “sulla presunta omessa comunicazione o disposizione di dati circa la congruità al progetto dell’opera autorizzata”. La domanda fu dichiarata subito inammissibile nell’udienza di comparizione ma divenne un’ulteriore sede, da parte di Riccoboni Holding, per fornire al Comune di Sezzadio tutte le evidenze scientifiche raccolte negli anni. Le stesse che sembrano non voler memorizzare”. Il Comune, nelle osservazioni inviate al ministero, contesta proprio il metodo con cui la Riccoboni ha effettuato il monitoraggio della falda. Ora la parola passa alla Provincia.