Come è stato possibile chiamare come consulente del Cit di Novi Ligure tale Stefania Gambacorta, di Carbonia, in Sardegna, che nel 2012 aveva patteggiato una condanna a due anni e dieci mesi per il suo ruolo di amministratrice unica di un’azienda finita in bancarotta, la Ila di Portoscuso? Se lo chiede Stefano Atzori, sindacalista della Faisa Cisal del consorzio di trasporti novese, sull’orlo del fallimento. Il rappresentante dei lavoratori ricorda che la curiosa consulenza è stata affidata alla dirigente sarda dall’ex presidente Francesco Bonvini (Lega), ferroviere alla guida del Cit lo scorso per pochi mesi dopo la vittoria del centrodestra alle elezioni comunali di Novi, prima delle dimissioni poiché incompatibile con quell’incarico. Stefania Gambacorta otto anni fa, insieme ad altri, era stata condannata per accuse che, a vario titolo, andavano, come riporta il quotidiano “La Nuova Sardegna”, “dalla bancarotta fraudolenta per distrazione alla truffa aggravata, passando per una sequenza impressionante di falsi nel bilancio e nelle comunicazioni sociali”. Pochi anni prima, l’azienda produttrice di laminati d’alluminio era stata salvata dalla chiusura grazie ai fondi pubblici ottenuti, secondo l’accusa, falsificando bilanci e contabilità. Dieci milioni di euro che i proprietari si sono spartiti “facendo risultare operazioni in gran parte fasulle” e lasciando senza lavoro gli operai.

Francesco Bonvini, alla guida del Cit per pochi mesi nel 2019

Stefania Gambacorta, nonostante un curriculum del genere, è finita al Cit per fare la consulente per poco più di una settimana e ha presentato una fattura di 6.700 euro oltre a chiedere il rimborso di circa 500 euro per le spese di soggiorno in albergo, come ricorda Atzori: “La vicenda di questa consulenza è solo una delle tante che hanno costellato la gestione del Cit ormai da molto tempo, forse da sempre. Non si sa se questa somma sia stata pagata a questa persona, fatto sta che la fattura è agli atti e denota un certo modo di gestire il consorzio”. Poi, ricorda Atzori, che la questione dell’ex direttore Giovanni Collareta: “Per pagare la buona uscita di questo dirigente, in sostanza, il Cit, sotto la guida del presidente  Licata, ha utilizzato buona parte dei fondi ricavati dalla cessione della sede di via Garibaldi, 220 mila euro. Il bello è che nel 2019, con il centrodestra in maggioranza a Novi, Collareta è rientrato al Cit, come “esterno”, ovviamente non per lavorare gratis. Questo dirigente, quando era dipendente, costava 160 mila euro lordi all’anno, un maxi stipendio deliberato dai soci”.

Giuseppe Licata (a sinistra), ex presidente Cit fin al 2019

Oltre a questo, ricorda il sindacalista, con i turni di lavoro ridotti prima per il Covid 19 poi con l’orario estivo e quindi con meno corse, il consorzio ha assunto un nuovo autista, nonostante l’obiettivo del piano di ristrutturazione fosse la riduzione graduale dei dipendenti. “Il clima – dice Atzori – fra noi dipendenti è esplosivo poiché non ci sono i soldi per pagare gli stipendi. A mio avviso è inutile chiedere ai Comuni soci di mettere altri soldi in questa voragine economica, con una società che conta solo bus vecchi senza possibilità di acquistarne di nuovi. Meglio portare i libri in tribunale e sperare che arrivi un operatore privato serio che non licenzi nessuno dei circa 40 dipendenti”. Ieri sera, 29 giugno, i lavoratori del Cit hanno manifestato davanti al Museo dei Campionissimi dove si è svolto il Consiglio comunale. Oggi, alle 15,30, incontro in prefettura.