La villa di Sale del boss della ‘ndrangheta, Antonio Maiolo, è lasciata nell’incuria mentre per gli alloggi in paese confiscati allo stesso personaggio, condannato in via definitiva in seguito all’inchiesta Alba Chiara, ci sono in progetto case per l’emergenza abitativa. La situazione dei beni confiscati sul territorio provinciale non è facile. Come emerso nel recente incontro organizzato da Libera a Bosco Marengo, ci sono 95 particelle confiscate, soprattutto terreni a Cassano Spinola, ma nel complesso sono solo tre i beni sono riutilizzati negli ultimi anni. Cascina Saetta a Bosco Marengo è stato il primo bene confiscato e riutilizzato, poi ci sono alcuni terreni a Mombisaggio (Tortona) e un appartamento ad Acqui Terme, oltre ai beni di Sale, assegnati, come è stato detto a Bosco Marengo, al consorzio socio assistenziale Cisa di Tortona. L’associazione Verso il Kurdistan, che si occupa da anni di persone in difficoltà economica e abitativa, segnala però la condizioni in cui versa in particolare la villa un tempo proprietà di Maiolo. Insieme alle due case in paese, in via Giacomini e via Voghera, erano state affidate, come sempre avviene, all’Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e poi acquisiti dal Comune di Sale. Infine, l’affidamento al Cisa nel 2021. In due anni si è arrivati all’incarico un architetto per la progettazione e la realizzazione, grazie ai fondi del Pnrr, degli alloggi per persone in difficoltà abitativa per le case in paese. La stessa soluzione prevista, anche per la villa, dall’associazione Verso il Kurdistan: “Alla nostra proposta di creare alloggi per l’emergenza abitativa in conseguenza dei numerosi sfratti in bassa Valle Scrivia e nel Tortonese, inviata il 27 settembre 2021, non ha risposto nessuno, né il Comune né la prefettura. In tutti questi anni nulla è stato fatto per il risanamento e il riutilizzo di questi edifici a fini sociali”. In realtà, almeno per due abitazioni in paese, qualcosa, seppure con tempi lunghi, si muove. Il Cisa ha stipulato una convenzione con il Comune per un comodato d’uso di trent’anni. Invece, la villa, molto grande, secondo il Cisa non è adatta all’emergenza abitativa anche perché è situata fuori dal paese, verso la frazione di Grava. Servirebbero molti soldi, a oggi non disponibili, per vari lavori edili. L’ex villa del boss della ‘ndrangheta è un caso esemplare delle difficoltà che incontrano le istituzioni nel riutilizzo dei beni confiscati, spesso abusivi e per i quali servono fondi ingenti non sempre disponibili nell’immediato. La legge impone, per altro, un riutilizzo a scopi sociali. Inoltre, come ha sottolineato a Bosco Marengo l’Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati, nei Comuni e negli enti locali spesso il personale non è formato per seguire l’iter delle confische. A Bosco Marengo la casa del boss Pronestì, confiscata anch’essa dopo l’inchiesta Alba chiara, alla fine è stata riacquistata dai familiari.