Giuseppe Ingrassia se n’è andato in silenzio nei giorni scorsi a 60 anni, così come silenziosa e discreta è stata tutta la sua vita.
Tutti, a Novi Ligure e a Serravalle, lo conoscevano. Immigrato siciliano, pur affetto da una lieve disabilità psichica, non si perse mai d’animo e si prestò per svolgere lavori saltuari dovunque lo chiamassero. Da giovane collaborò per anni come attacchino per diverse imprese di onoranze funebri.
La sua immagine rimane infatti legata, al ricordo degli “anta”, a un ragazzo trasandato che circolava per la città su una bicicletta nera, trasportando l’immancabile secchio di colla e il rotolo dei manifesti mortuari.
Un po’ borderline tra il clochard e il tuttofare, era assistito dai servizi sociali ma aveva ostinatamente rifiutato l’alloggio popolare che gli sarebbe spettato di diritto. A più riprese ha lavorato al cimitero di Novi o svolgendo servizi socialmente utili per il Comune. Era solito frequentare la stazione o l’ospedale per trovare ricovero dal freddo. Malato di diabete aveva una cancrena al piede e aveva rifiutato l’operazione che poteva salvargli la vita.
Per un certo periodo abitò anche a Serravalle. Su di lui si narrano strane leggende. Vere o false che fossero, di Ingrassia, detto “Ciccio” o “Pino”, rimarranno nella memoria dei novesi e dei serravallesi quegli occhi buoni e il suo parlare stridulo e veloce.