Un segnale negativo e sbagliato”. Così il deputato Federico Fornaro commenta l’assenza della proprietà turca al tavolo di crisi convocato al Ministero dello Sviluppo Economico sulla Pernigotti. Il gruppo Toksoz ha mandato a Roma solo il direttore del personale e i legali di Milano incaricati di seguire la cessione dello stabilimento di Novi Ligure, lasciando a casa 250 persone. “La risposta unitaria delle istituzioni, dei sindacati e della politica – dice Fornaro, capogruppo di Leu alla Camera – a difesa del mantenimento dello stabilimento della Pernigotti a Novi Ligure e il rifiuto del piano di terziarizzazione della produzione rappresentano, invece, un punto di partenza per una trattativa che consenta di difendere i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori che non possono essere chiamati a pagare il conto della fallimentare gestione imprenditoriale del gruppo Toksoz negli ultimi cinque anni”. Gestione fallimentare che è stata rinfacciata dai sindacati ai turchi nel tavolo ministeriale.

Federico Fornaro

“La Pernigotti – prosegue Fornaro – ha bisogno di investimenti e di un serio piano industriale. Se il gruppo turco non intende rilanciare la Pernigotti e lo stabilimento di Novi Ligure passi la mano a imprenditori che si dimostrino concretamente interessati a farlo”. L’azienda, da parte sua, in un comunicato successivo alla riunione romana di stamattina, non ha problemi a ribadire la sua posizione: “Le cause di tale decisione (la richiesta di cassa integrazione per cessazione per i 100 dipendenti di Novi Ligure, ndr) risiedono nella situazione di crisi che l’azienda sta attraversando, determinata dall’eccessiva incidenza dei costi di produzione rispetto all’andamento delle vendite, ad oggi insostenibili, nonostante le strategie finora attuate a sostegno del business.

Il ministro Di Maio dopo l’incontro sulla Pernigotti

Pernigotti ha altresì confermato l’intenzione di esternalizzare le attività produttive del sito di Novi Ligure unicamente presso il territorio nazionale – nel rispetto della storicità del brand e con l’obiettivo di mantenere la qualità distintiva dei propri prodotti – e il proprio impegno a limitare quanto più possibile l’impatto sociale di questa decisione, adoperandosi affinché il personale coinvolto, circa 100 lavoratori, possa essere ricollocato presso aziende operanti nel medesimo settore o terzisti durante il periodo di cassa integrazione straordinaria, nel pieno rispetto della procedura. A tal fine l’azienda sta già dialogando e individuando partner industriali in Italia, tra i quali alcune importanti realtà italiane del settore dolciario, a cui affidare la produzione”. Nulla di nuovo, quindi, rispetto all’ultimo comunicato aziendale. I turchi non retrocedono ma anche la Regione, con l’assessore al Lavoro Gianna Pentenero, presente a Roma stamattina, non ci sta: “E’ fondamentale che l’azienda cambi la causale della cassa integrazione da cessazione a riorganizzazione, la cessazione delle attività non potrà mai essere accettata dalla Regione”. La proposta della Pentenero (e dei sindacati) prevede però da parte dei turchi l’impiego di fondi per la ristrutturazione della fabbrica. “La Regione – ha aggiunto Pentenero – è disponibile ad accompagnare un eventuale piano di re-industrializzazione dello stabilimento alessandrino, ma deve essere chiaro che la produzione, il marchio e, naturalmente, i posti di lavoro devono rimanere a Novi. Avevo già espresso questo auspicio alla vigilia del tavolo: condivido la richiesta, avanzata oggi dal ministro, di avere un confronto diretto con la proprietà“.

Riccardo Molinari

La produzione di Pernigotti deve rimanere a Novi – dichiarano il sottosegretario al lavoro Claudio Durigon e il capogruppo alla Camera della Lega Riccardo Molinari -. Ribadiamo quello che il governo ha dichiarato fin da subito: lo stabilimento di Novi non si tocca così come non si toccano tutti i lavoratori. Vogliamo vederci chiaro e capire anche la gestione economica e i bilanci della proprietà turca da quando è arrivata nel 2013. Non possiamo accettare, ad esempio, che oggi al tavolo del Mise si siano presentatati consulenti che ignoravano persino quanta gente lavora nello stabilimento di Novi.  Per questo auspichiamo che cambi l’atteggiamento della famiglia Toksoz e che l’incontro tra il premier Conte e la proprietà turca porti ad un punto di incontro che salvi uno stabilimento storico e dall’alto valore economico e sociale. Occorre conoscere a fondo un’azienda per poterla gestire al meglio e rilanciarla non basta acquistarla e sfruttarne il marchio”. Domani la battaglia dei lavoratori prosegue ad Alessandria con un presidio davanti alla prefettura alle 11 e un incontro col prefetto Antonio Apruzzese.