Martedì 20 novembre dopo cena saluto i Salesiani di Addis Abeba e mi dirigo in aeroporto. Sono sempre triste alla fine di un viaggio, e allo stesso tempo, molto contento di tornare a casa. Durante le lunghe ore di attesa comincio a riflettere su questa esperienza breve ma intensa: anche se sono state solo quattro settimane mi sento diverso. La vita “on the road” ha sempre questa grande capacità di cambiarmi, è come se il mix di incontri, esperienze, gioie e dolori, modificasse la mia percezione del mondo e delle persone. Essere ospite in paesi stranieri, venire accolto con gentilezza e semplicità, condividendo quello che si ha, rappresenta un arricchimento a livello culturale e umano.

Durante la notte un volo mi riporta in Italia. Poco prima dell’atterraggio osservo un paesaggio nebbioso e gelato e mi vengono i brividi. Appena esco da Malpensa subisco lo shock termico: fuori ci sono zero gradi e io ho una giacca molto leggera. Mi dirigo in treno fino a Cesano Boscone, in visita a Lorenzo, un ex collega in Norvegia. Per tre giorni alterno brevi passeggiate al freddo a lunghe ore trascorse in casa a conversare con il mio amico e con i suoi genitori. Rivedo tutte le foto scattate in Etiopia e invio documenti e relazioni all’ONG austriaca che mi ha inviato. In un attimo giunge il sabato ed è ora di partire per un ultimo breve tragitto in treno. Tra Tortona e Arquata guardo il paesaggio dal finestrino e riscopro mille dettagli di posti dove sono nato e cresciuto. In stazione aspetta mio papà e mi dà una mano a trasportare la borsa piena di regali. I due zaini, uno davanti e uno dietro, continuo a tenerli io, sono come il marchio di fabbrica di “Massi on the road”. Poco dopo sono a casa e riabbraccio anche mia mamma. Il giorno successivo, domenica, vado a messa a Gavi e rivedo tanti amici. A pranzo festeggiamo il compleanno di mia nonna e siamo in 15. Circondato dai parenti ancora una volta mi sento così privilegiato per avere una casa e una famiglia che mi accolgono a braccia aperte.

Nei giorni successivi mi riabituo alla vita gaviese, ma i pensieri tornano ancora molto spesso all’Etiopia, soprattutto ai bambini che ho conosciuto. Ad esempio ai “Bosco Children”, ex ragazzi di strada che ricevono dai Salesiani casa, scuola, oratorio e accompagnamento umano e religioso, con risultati molto positivi, riconosciuti recentemente anche dal premier italiano Conte in visita in Etiopia: http://www.infoans.org/sezioni/notizie/item/6536-etiopia-il-presidente-del-consiglio-conte-premia-due-exallievi-dei-progetti-salesiani. Allo stesso modo mi tornano in mente i sorrisi dei giovani del Green Club Don Bosco, un gruppo di educazione ambientale formato all’interno della scuola, con l’obiettivo di promuovere la difesa dell’ambiente e il rispetto della natura.

Le migliaia di ragazzi e ragazze incontrati in Etiopia hanno rinnovato la mia motivazione ad impegnarmi per un mondo solidale e colorato. Forte è il contrasto con l’Italia di questo dicembre 2018: le abbaglianti luci natalizie non rischiarano il grigiore non tanto atmosferico, quanto umano, di questo paese che difende la sua “italianità”, perdendo, a mio parere, la sua dignità. Una chiusura mentale che fa a tratti rabbrividire, con bambole “di pelle scura” vietate in un asilo e un decreto sicurezza che condanna alla strada e all’illegalità decine di migliaia di migranti. Nonostante la tristezza che mi pervade a causa di queste notizie, voglio restare speranzoso, perché sono sicuro che solo con un impegno costruttivo e costante, basato non sull’odio ma sull’amore, posso dare il mio piccolo contributo per un’Italia migliore.