Era stato fra i primi rappresentati delle istituzioni a farsi vivo ai cancelli della Pernigotti, annunciando un viaggio in Turchia, davanti alla sede del gruppo Toksoz per spingere la proprietà a fare retromarcia rispetto alle al progetto di chiudere lo stabilimento novese. Poi è sparito dai radar salvo tornare alla ribalta delle cronache nazionali per una questione di tutt’altro genere nelle settimane scorse. Angelo Ciocca, europarlamentare pavese della Lega, è fra i condannati per peculato nel processo per la Rimborsopoli lombarda. Insieme a personalità del calibro di Renzo Bossi, figlio di Umberto, e Nicole Minetti, l’igienista dentale di Silvio Berlusconi, era accusato dalla procura di Milano di aver utilizzato i rimborsi ottenuti come consigliere regionale tra il 2008 e il 2012 in maniera impropria. Per lui, una condanna a un anno e sei mesi con pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario.

Angelo Ciocca

Ciocca, appena proclamato lo sciopero a Novi Ligure, era piombato nello stabilimento e due giorni dopo aveva fatto sapere alle agenzie di essersi recato in Turchia, con tanto di tricolore, per manifestare fuori dalla proprietà turca Toksoz “per chiedere il rispetto del lavoro e della storia del marchio italiano Pernigotti e per la salvaguardia degli oltre 200 dipendenti dello stabilimento di Novi Ligure”. Un atto che, a suo dire, aveva spinto il gruppo turco a cambiare atteggiamento. Non solo: l’esponente leghista aveva assicurato che “se l’atteggiamento del gruppo turco dovesse cambiare nuovamente sono pronto a tornare ad Istanbul con i colleghi del Parlamento”. Per altro, Ciocca teneva così tanto alla fabbrica novese da essere stato assente, a dicembre, insieme ad altri colleghi italiani, a Strasburgo quando il Parlamento europeo doveva discutere proprio della Pernigotti, precisamente di una mozione bipartisan proposta da Mario Borghezio (Lega) e Mercedes Bresso (Pd). L’ex consigliere regionale alla Pernigotti non si è mai più visto né, a quanto si sa, in Turchia. La Pernigotti, nel frattempo, rischia sempre la chiusura, salvo novità dell’ultimo momento.