Il campo di concentramento di Mauthausen, aperto l’8 agosto 1938, come ricordano nel sito deportati.it, era considerato un lager di “terza categoria” nella classificazione del sistema concentrazionario nazista: per chi veniva rinchiuso lì dentro non era previsto i il ritorno a casa. Mario Traverso, conosciuto da tutti a Voltaggio come Mario del Posto, invece ce l’aveva fatta, era riuscito a sopravvivere a quell’abisso ma non aveva quasi mai accennato a quella terribile esperienza in quel luogo attualmente in Austria. Mario è morto il 29 settembre, all’età di 96 anni e, come ricorda il figlio, “solo verso gli 80 anni ha cominciato a raccontare qualcosa ma senza mai mostrare odio verso nessuno”, neppure contro chi lo aveva fatto finire in quell’inferno, cioè i nazisti, e lo aveva sottoposto a indicibili sofferenze. Nemmeno contro chi lo aveva costretto a rispondere ai bandi della Repubblica sociale, cioè i fascisti, per evitare conseguenze alla sua famiglia e concludere quindi la sua esperienza di partigiano fuggito sull’Appennino per evitare di finire in Germania. Alla fine, ci finì lo stesso: rimase a Mauthausen tredici mesi, dal 16 aprile 1944 al 5 gennaio 1945, quando arrivarono gli Alleati.

Mario Traverso, detto Mario del Posto, dal nome della cascina dove era nato, il Posto dei corsi.

Di quell’esperienza, ha detto il sindaco di Voltaggio, Giuseppe Benasso, “da Mario non udii mai racconti di fatti raccapriccianti, di torture o di esecuzioni. Piuttosto, raccontava le raccomandazioni che dava ai compagni di prigionia per superare momenti difficili”. Dopo l’arrivo degli Alleati, si mise in strada verso l’Italia a piedi ma venne poi ricoverato dai liberatori. Solo dopo diversi mesi riuscì a ritornare nella sua Voltaggio, come fecero solo altri tre, Lorenzo Bisio (detto “Renzi”), Angelo Repetto (“Lino”), Pietro Repetto (“Pierin”), su un totale di trentadue ragazzi. I ventotto voltaggini deceduti in Germania sono ricordati nella lapide che si trova nel municipio del paese. Sul sito dell’Aned, l’associazione che riunisce i deportati e le loro famiglie, si legge: “Il 16 maggio 1945 i deportati sopravvissuti, prima del rientro a casa, memori delle indescrivibili privazioni appena subite e dei compagni persi, uniscono le loro differenti sensibilità e, nonostante le barriere linguistiche, redigono il celebre Giuramento di Mauthausen: un documento che, per la promessa e l’impegno a favore della pace, dell’uguaglianza, della giustizia sociale e della solidarietà fra i popoli, può a essere a tutti gli effetti considerato un atto fondativo dell’Unione Europea”.