Nicoletta Albano (a sinistra) con Rita Semino

Quando nel gennaio 2020 l’allora sindaco di Gavi Rita Semino rifiutò di dimettersi, la sua vice, Nicoletta Albano, chiese aiuto a destra e a manca per raggiungere il suo obiettivo: far lasciare l’incarico al primo cittadino, eletto nel 2016 a 82 anni, e tornare alla guida del Comune senza alcun intralcio. Semino si sarebbe infatti dovuta dimettere per motivi di salute in quanto “prostrata per la morte del marito”. Il 29 dicembre 2019, come è noto, Semino venne convocata da Albano in municipio: nel disegno dell’ex consigliere regionale il sindaco doveva lasciare l’incarico un anno prima della scadenza del mandato. Se si fosse dimessa per motivi di salute, il Comune sarebbe stato governato dal vicesindaco, cioè Albano, fino alle elezioni, e non da un commissario inviato dal prefetto che avrebbe potuto scoprire come era governato l’ente, come è poi accaduto. Il sindaco il 30 dicembre si era recato dai carabinieri di Novi Ligure facendo ascoltare la registrazione del colloquio tra lei e Albano, alla presenza della figlia e della nipote della Semino. L’indagine per concussione, uno dei reati contestati a Nicoletta Albano, è stata ricostruita il 29 novembre scorso in tribunale ad Alessandria dal luogotenente dei carabinieri Sanna: “Dopo la consegna della registrazione in caserma ci siamo messi subito alla ricerca di riscontri. Per prima cosa abbiamo letto sul sito Giornale7.it un articolo nel quale si diceva che Albano avrebbe indotto Semino a dimettersi. Poi dal 2 gennaio sono state avviate le intercettazioni sui telefoni del municipio e sui cellulari di Albano, Pierpaolo Bagnasco (capo dell’ufficio tecnico, a processo per favoreggiamento e falso, ndr), Giovanna Sutera (all’epoca segretaria comunale, a giudizio per gli stessi reati, ndr) e Ivano Bernini (collaboratore della Albano, estraneo al procedimento penale, ndr).

L’ascolto si è rivelato molto utile”. Albano, secondo il racconto di Sanna, si era già mossa a livello istituzionale in vista delle dimissioni della Semino: “Il viceprefetto Ponta informò i carabinieri: il 6 gennaio Albano si era recata da lui in prefettura per informarlo dell’ormai prossimo abbandono dell’incarico da parte del sindaco in quanto “prostrata per la recente morte del marito”. Mancava solo un certificato medico, già citato come allegato alla lettera di dimissioni ma ancora da redigere. Senza quel certificato, infatti, il Comune sarebbe stato commissariato”. Albano aveva già preparato tutto: era stata ascoltata mentre parlava al telefono con il medico Riccardo Cavaliere che in municipio avrebbe dovuto visitare la Semino e redigere l’atteso certificato. Solo che il sindaco non si presentava all’appuntamento e, a quel punto, Albano reagiva a su modo. Per prima cosa si recava dal maresciallo dei carabinieri di Gavi, Giovanni Lai, insieme a Bagnasco, poi il 17 gennaio si rivolgeva a Piero Lugano, amministratore della Alfi, titolare della catena di supermercati Gulliver, proprietaria di due negozi a Gavi. “Anche Bagnasco – ha detto ancora Sanna – chiamò Lugano”. L’obiettivo era far licenziare o trasferire la nipote della Semino, richiesta formalizzata in un incontro tra Lugano, Albano e Bagnasco in un bar a Tortona. Il vicesindaco non si fermava ai carabinieri e al titolare della Gulliver ma si rivolgeva anche alla Cisl, precisamente allora segretario regionale, affinché spingesse Semino a dimettersi: il sindaco era infatti sindacalista e gestiva l’ufficio di via Mameli del sindacato. Il 22 gennaio scattò il blitz dei carabinieri e della Guardia di Finanza a Gavi: “In municipio c’era Albano, alla quale chiedemmo la lettera di dimissioni. Negò di averla, sostenendo che fosse in possesso del segretario comunale. Quando ci siamo recati a casa della Albano per proseguire la perquisizione, lei stessa ha consegnato la lettera, presente in una fotocopiatrice. Abbiamo quindi sequestrato cellulari e tablet del vicesindaco per copiarne i contenuti”. In municipio, ha aggiunto Sanna, “siamo rimasti stupiti di una questione: “Nell’ufficio del sindaco oggetti e documenti appartenevano tutti al vicesindaco Nicoletta Albano, non alla Semino”. Un segnale evidente su chi comandava davvero in Comune.