Carrega diventerà un parco per tutelarsi dai caprioli e mantenere i pascoli?

L'Atc non riesce a contenere gli ungulati: servono i piani attuati dal Parco dell'Appennino Piemontese. L'ente discute la proposta del sindaco Guerrini

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La Valle dei Campassi a Carrega Ligure
La Valle dei Campassi

Trasformare in un’area protetta buona parte del territorio del Comune di Carrega Ligure, uno più belli dell’Appennino alessandrino. La proposta sarà discussa venerdì pomeriggio dalla Comunità del Parco dell’Appennino piemontese, alla quale prenderanno parte sindaci e amministratori dell’ente, gestore dallo scorso anno del sito di importanza comunitaria (sic) denominato Massiccio dell’Antola, Monte Carmo, Monte Legnà. Il sic si estende fino ai comuni di Cabella e Mongiardino e punta a tutelare in particolare alcune specie animali e vegetali protette a livello europeo.

Marco Guerrini, sindaco di Carrega Ligure
Marco Guerrini, sindaco di Carrega Ligure

Con la creazione di un vero parco naturale le tutele per l’area appenninica dell’alta Val Borbera sarebbero maggiori. Non che da queste parti ci siano pericoli imminenti di speculazioni edilizie o grandi opere inutili: il problema è la necessità di regolamentare la presenza soprattutto dei caprioli, come aveva denunciato un anno fa il sindaco Marco Guerrini. L’Ambito territoriale di caccia (Atc) Al 3, aveva sostenuto il primo cittadino eletto nel 2015, non riesce, attraverso la caccia, a regolamentare la presenza di ungulati, che causano troppi danni alle attività agricole, per cui la soluzione potrebbe arrivare dall’istituzione di un’area protetta, dove la caccia in senso stretto è proibita ma vengono invece organizzati piani di contenimento di alcune specie, come il cinghiale e il capriolo. L’obiettivo è seguite quanto sta avvenendo da anni nell’ex Parco Capanne di Marcarolo, dove i piani in questione seguono metodi avanzati ed efficaci nei confronti degli ungulati.

Dino Bianchi, presidente del Parco dell'Appennino Piemontese
Dino Bianchi, presidente del Parco dell’Appennino Piemontese

“La caccia – spiega il presidente del Parco dell’Appennino Piemonte Dino Bianchi – è la sola grande differenza tra un parco naturale e un sic. Verrebbero attuati solo i piani di contenimento, necessari in questa zona, oltre ad attuare una manutenzione del territorio a oggi sempre più difficile, per esempio per i prati da pascolo. Il Comune da solo può fare davvero poco per aiutare i pochi agricoltori rimasti mentre un ente regionale come il nostro può avere più strumenti”. A Capanne di Marcarolo, per esempio, arrivano fondi pubblici per la manutenzione dei pascoli e altre attività legate al territorio, grazie al Parco. L’idea per Carrega è quella di trasformare 3.200 dei 5 mila ettari del territorio comunale in parco e gli altri 2 mila un pre-parco, una sorta di area protetta con vincoli ambientali meno restrittivi e dove la caccia tradizionale sarebbe invece ammessa.