Riceviamo e pubblichiamo:
Sono un dipendente del Cit da 25 anni; negli anni Ottanta ho prestato servizio con orgoglio nell’Arma dei carabinieri per tre anni, poi mi sono congedato con note caratteristiche eccellenti: quello è stato l’ultimo periodo nel quale ho sentito utilizzare il termine “superiore“ e comunque neppure in quegli anni e in quegli ambienti militari mi era mai capitato di veder sospendere qualcuno per essersi permesso di esprimere un’opinione. Mai avrei mai immaginato di assistere, trent’anni dopo, in un’azienda pubblica, a questa “sospensione di democrazia“ e di diritti conquistati in dai nostri nonni e padri, a volte anche pagando prezzi altissimi! Fatta questa premessa, vorrei ricordare al nostro amministratore che il Cit è un’azienda pubblica, quindi di proprietà dei cittadini, tutti, nessuno escluso, Lui ne è l’amministratore e non il Padrone (per usare un altro termine probabilmente a Lui gradito). Non vedo dove sia il tono sprezzante usato dal collega Atzori che, fosse solo per necessità, ha sicuramente più a cuore le sorti del Cit di qualsiasi Presidente o Amministratore che abbiamo visto transitare frettolosamente da questi uffici in tutti questi anni. Costoro di certo non hanno dovuto campare dei frutti di questa attività e di conseguenza hanno gestito l’azienda con discutibile impegno, competenza e interesse collettivo, tant’è vero che ci troviamo in queste condizioni e ne vediamo chiaramente i risultati. Giudicare il pensiero, l’operato e le buone intenzioni di dipendenti che hanno portato in giro per l’Europa il nome del Cit per vent’anni, facendo sacrifici e macinando chilometri (spesso senza aver preso lo stipendio) trovo sia un atto di presunzione e prepotenza. La cosa grave e intollerabile è l’approccio che il nostro amministratore ha nei confronti di questa azienda e dei suoi dipendenti. Personalmente, ho subito discriminazioni e nel momento in cui ho chiesto spiegazioni riferite a decisioni e a scelte di carattere strategico aziendali, che comunque riguardavano anche me come dipendente e come cittadino contribuente, sono stato totalmente ignorato, come se nulla mi fosse dovuto e come se Lui, in quanto “ superiore“, non dovesse dare spiegazioni a nessuno. Credo che qualche ripetizione di diritto e qualche bagno d’umiltà sarebbe utile prima di ricoprire certi incarichi!
Non è chiudendo la bocca ai dipendenti e cancellando i più elementari diritti che si risollevano le sorti del Cit. Non è tacendo e facendo finta di niente che dimostriamo rispetto verso l’azienda ma, casomai, il contrario; per risolvere il problema bisogna innanzitutto conoscerlo e questo non è possibile insabbiando le verità! Quando si dice la verità non bisogna aver paura di parlare, specialmente se lo si fa con finalità costruttive e, un buon amministratore che ha a cuore il futuro dell’azienda, ascolta la voce di chi vive tutti i giorni da decenni i problemi e ne fa tesoro anziché abusare di un “potere” che è solo nella sua mente ma che nessuno, fortunatamente, in questo Paese finora gli dà. Il termine “SUPERIORE” presume l’esistenza di un “INFERIORE “….ecco, dott. Mazzarello, io mi sento inferiore ma ad un’altra categoria di persone: a mio nipote disabile di vent’anni, che in ogni occasione, magari inconsapevolmente, mi dà lezioni di vita, insegnandomi il valore della tolleranza, del rispetto, dell’altruismo, l’umiltà riconoscendo i propri limiti ed errori; oppure al muratore siriano di Arquata, che nonostante il suo duro lavoro, tutti i giorni corre all’uscita di scuola a prendere il figlio portatore di handicap, non manca mai ad un’udienza e, tutte le sere, con la schiena rotta dal lavoro, lo porta in giro per il paese per farlo sfogare e stancare, sperando che riesca poi a dormire la notte; o il ragazzo di colore in America che durante una manifestazione, senza pensarci un attimo, si è caricato sulle spalle il suo avversario estremista di destra ferito dalla polizia e l’ha portato fuori dalla mischia per farlo soccorrere e medicare. Questi sono i miei “SUPERIORI”! A loro dobbiamo ammirazione non solo rispetto. A questo punto, immagino dovrò attendere anche la mia sospensione ma, a cinquantaquattro anni di età e dopo quasi quarant’anni di lavoro svolto sempre con onestà e il massimo impegno, potrò sopportare anche questo! Pasquale Boragine