L’intervento dell’onorevole Federico Fornaro alla Camera dei Deputati:

Grazie, signor Presidente. Intervengo per ricordare un disastro, una catastrofe idraulica, di 90 anni fa. Alle 13,15 del 13 agosto del 1935, a seguito di un violento nubifragio, la diga secondaria di Sella Zerbino, in località di Ortiglieto, nel comune di Molare, collassò sotto l’immane spinta di milioni di metri cubi d’acqua. L’ondata prodotta lungo il torrente Orba investì i comuni di Molare, Ovada, Silvano d’Orba, Predosa e Capriata, causando la morte di oltre 100 persone.

Nella graduatoria triste è la terza catastrofe idraulica, dopo quella nota del Vajont e quella, meno nota, del dicembre del 1923 nell’Alta Bergamasca per il crollo della diga del Gleno.

Perché ricordare a distanza di 90 anni? Lo faranno le amministrazioni comunali e verrà, da parte del comune di Molare, intitolato un ulteriore ricordo. Perché deve essere di ammonimento, signor Presidente. Così come per il Vajont, la diga principale rimase in piedi; a crollare, per ragioni ideologiche, per ragioni proprio di scarsa attenzione alle problematiche geologiche, fu proprio questa diga secondaria, così come fu il monte Toc, nel Vajont, a provocare quell’onda che poi si riverbererà con tutti i disastri su Longarone. Come per il monte Toc, come per la vicenda del Vajont, anche a Molare tutto questo è derivato dalla bramosia di soldi delle industrie elettriche, delle imprese costruttrici, perché quella diga secondaria non era prevista dal primo progetto e fu necessaria perché venne deciso l’innalzamento della diga principale; e, quindi, ci sarebbe stato uno sfioramento.

A pagare il conto furono persone umili, persone che erano a casa. Sì, perché pioveva forte. Era l’una del pomeriggio e, in un attimo, vennero distrutte quelle vite e i loro progetti, creando un disastro che – chiudo, signor Presidente, ma anche qua è giusto ricordarlo – venne silenziato dal regime.

Sui giornali dell’epoca fu scritto poco, anche se poi andò in borghese il Re e anche il segretario del Partito Nazionale Fascista si recò sul luogo. Il regime, ovviamente, non consentiva che fosse diffusa questa notizia e, alla fine, si è persa memoria.

Quindi, credo che sia giusto ricordarlo in questa sede, proprio perché è giusto ricordare quei morti, quelle donne e quegli uomini, ma anche ricordare il monito di quella tragedia che, ancora oggi, è presente e deve essere ricordata. Perché la bramosia di potere, la bramosia di soldi, non può andare oltre un certo limite, che è il limite della sicurezza, che è fondamentale. Perché si possono costruire grandi opere, come stiamo ancora facendo, essendo l’Italia certamente, a livello ingegneristico, uno dei primi Paesi nel mondo, ma, quando si realizzano queste grandi opere, non si può mai dimenticare la sicurezza”.