Anche il ministero dell’Ambiente vuole chiedere i danni, in caso di condanna, agli imputati del processo scaturito dall’operazione Triangolo, eseguite dai carabinieri del Noe e dalla Forestale in base anche alle segnalazioni dell’associazione Casa della legalità di Genova.
19 persone devono rispondere di reati ambientali a loro addebitati dalla Procura distrettuale antimafia di Torino. L’8 giugno del 2015 scattarono le manette per molti di loro (finiti ai domiciliari e poi in parte liberati) che si videro sequestrare vari siti di deposito e impianti di trattamento di rifiuti dopo la scoperta di un traffico illecito di materiali tra Liguria, Lombardia e Piemonte. La destinazione finale erano le ex cave del Tortonese, dove i veleni erano stati sotterrati anche sotto i campi coltivati a grano. Carabinieri e Forestale scoprirono che la “spazzatura”, invece di essere smaltita secondo la legge con tutti i crismi e i quindi con i costi annessi, veniva nascosta pur provenendo da demolizioni, lavorazioni industriali e quant’altro. Sotto il grano della ex cava di cascina Castello Armellino, a Tortona, venne scoperto di tutto: cavi elettrici, tubature, filtri per l’olio e parti di autoveicoli, inerti da demolizione, lastre di amianto, asfalto e un forte odore di idrocarburi. Qui avrebbe dovuto finire anche lo smarino del Terzo valico. Altri siti inquinati sono, tra l’altro, le ex cave Viscarda a Sale, Vidori e Aliprandina a Tortona.
Alla sbarra figurano tra i più grossi nomi dell’edilizia e dei trasporti provinciali e non solo, come Giorgio e Alberto Franzosi, titolari del gruppo omonimo; Valerio Bonanno, alla guida della Sap di Spinetta Marengo; Ugo Busi e Daniela Busi, a capo della Busi Ugo di Castelceriolo; Sandro Gandini e Andrea Gandini, padre e figlio di Voghera, titolari della Autotrasporti Gandini e della Eurosabbie; Francesco Ruberto e Daniele Ruberto, padre e figlio alla guida delle aziende Idrotecnica, Ruberto Scavi, Ruberto Spa e Immobiliare Patrizia, a processo insieme a Patrizia Guarnieri, moglie di Francesco Ruberto e titolare della Edilderthona; Giorgio e Christian Perasso, di Arquata Scrivia, alla guida della Perasso Giorgio. C’è poi anche un altro nome molto noto alle cronache nazionali, legato al settore rifiuti, Gino Mamone, residente ad Avolasca, già titolare della Ecoge di Genova, di cui è amministratrice la moglie, Ines Capuana, e dui è gestore, all’epoca dei fatti, Alessandro Cavanna, di Sant’Olcese (Genova). Inoltre, Francesco Paolo Caovilla, di Sarezzano, dipendente della Franzosi Cave e Mansueto Serreli, di Alessandria, gestore della ex cava Vidori di Tortona per conto di Ruberto. Infine, Laura Zerbinati, di Druento (Torino), consulente del gruppo Ruberto e Loredana Zambelli, di Serravalle Scrivia, responsabile del laboratorio Biogest di Novi Ligure, dove, secondo l’accusa, venivano eseguite analisi “di comodo” per far passare i rifiuti come smaltibili nelle ex cave anziché in discarica. La indagini hanno già avuto pesanti conseguenze per il gruppo Franzosi di Tortona e per la Sap di Alessandria, oggetto di interdittive antimafia da parte della Prefettura per i loro legami con personaggi considerati vicini alla ‘ndrangheta, come Francesco Ruberto.
Nell’udienza di ieri in tribunale ad Alessandria è stato disposto un rinvio a causa della mancata notifica ad alcuni degli imputati. Il giudice ha ricordato che il ministero dell’Ambiente intende costituirsi parte civile insieme ai Comuni di Tortona e Sale e deciso lo stralcio della posizione della Biogest, il cui titolare, indagato, è nel frattempo deceduto. Gli atti sono stati rinviati al gup di Torino che dovrà decidere il da farsi. La prossima udienza sarà il 30 maggio. A quel punto il processo dovrebbe entrare nel vivo.