La cava Bettole a Bettole (Immagine di repertorio)

Il Terzo valico rischia di fermarsi se le analisi delle terre da scavo verranno eseguite con il metodo finora utilizzato dall’Arpa poiché il Cociv dovrebbe sostenere costi per 250 milioni di euro. Lo hanno sostenuto i legali del consorzio incaricato di costruire la linea ferroviaria Genova-Tortona (6,1 miliardi di euro il costo per 54 km) davanti ai giudici del Consiglio di Stato. Gli avvocati hanno difeso il Cociv nel contenzioso avviato contro l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente riferito ai campionamenti delle terre da scavo depositate nelle cave di Bettole, a Pozzolo Formigaro, e Clara e Buona, ad Alessandria. Mesi fa era emersa una quantità oltre i limiti di legge per il toluene e gli organici aromatici, sostanze potenzialmente cancerogene. L’Arpa, come prevede la legge, aveva segnalato la situazione alla Procura di Alessandria ma i conferimenti dal cantiere di Fegino-Polcevera, a Genova, non erano stati fermati. La presenza di sostanze in quelle quantità voleva dire per il Cociv e le aziende incaricate dover smaltire quelle terre non più nelle ex cave ma come rifiuto, con costi enormi. Per questo, il consorzio si era rivolto al Tar per contestare il metodo di campionamento utilizzato dall’Arpa e chiedendo quindi di sospendere l’efficacia degli atti relativi alle analisi ma aveva avuto torto. I giudici avevano detto no alla sospensiva ritenendo valido il metodo seguito dai tecnici regionali, facendo riferimento alla “legge 152/2006 per la caratterizzazione dei siti contaminati che, a differenza di quella pretesa dal ricorrente (prevista all’allegato 4 del Decreto ministeriale 161/2012), fa esplicito riferimento alle sostanze volatili”. Il Cociv era stato condannato a pagare le spese legali per oltre 2 mila euro. Il consorzio ha impugnato la decisione del Tar e il Consiglio di Stato ha ribaltato l’esito. “Né gli atti impugnati – hanno scritto i giudici del massimo organo della giustizia amministrativa – né le difese dell’Arpa spiegano per quale ragione l’amministrazione abbia ritenuto applicabile un diverso criterio, in luogo di quello speciale dettato per le terre da scavo”. L’Arpa avrebbe dovuto seguire la normativa dettata dal decreto del presidente della Repubblica numero 120 del 2017. I legali del Cociv, nell’udienza che si è svolta a Roma nelle settimane scorse, hanno sostenuto che se fosse applicato il metodo seguito dall’Arpa le spese da sostenere per smaltire come rifiuto le terre da scavo arriverebbero a 250 milioni di euro, “suscettibili come tali di fermare l’esecuzione dell’opera”. L’Arpa è stata condannata a pagare più di 6 mila euro al Cociv. Il Tar deve comunque ancora pronunciarsi nel merito: si vedrà se seguirà l’orientamento del Consiglio di Stato. Intanto, per ora, l’opera va avanti.