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MOLARE. Sulla carta d’identità alla voce professione c’è scritto calciatore, ma i migranti stanno imparando che per diventare professionisti non basta l’iscrizione a un campionato e che le squadre locali si reggono sul volontariato. La passione per lo sport è il primo passo, che ha fatto incontrare i rifugiati richiedenti asilo politico, alloggiati a Molare e la squadra Pro Molare che disputa la Prima categoria. Altri profughi di Ovada si allenano con le squadre locali, altri prenderanno contatti con la Silvanese, Felizzano, Acqui e le squadre astigiane. “In Africa guadagnavo 300 Franchi Cfa al mese, che qui corrispondono a circa 60 euro, nel mio paese valgono lo stipendio di un impiegato, il mio obiettivo è arrivare a un compenso simile”, il veterano del gruppo è Monhessea Jeannot, 24 anni, originario della costa d’Avorio, dove giocava in serie D. In campo è Gerard, il soprannome ispirato all’ex campione Guei Gerardil. E’ tesserato dal Pro Molare insieme a Kwane Amponsah, 20 anni, arrivato 6 mesi fa dal Ghana, a differenza di Gerard parla solo inglese, ma si spiega. Ad applaudire ci sono Aris, Bright, Frank, Prince, Kojo. Mohamed Caudé, detto Rasta per la capigliatura, Usman, Sedu, Baldì stanno giocando su altri campi a livello amatoriale.
“Anche il campo è scuola – dice Luigi Rigamonti della cooperativa Idee Solidali – oltre al corso di italiano è utile il confronto”. Aggregano pure le sconfitte. Il 6-2, patito l’altra domenica in casa sotto la pioggia e nel fango contro la penultima in classifica Pro Asti, ridimensiona le aspettative, ma fa crescere, la nuova rosa. “E’ difficile – dice il presidente Corrado Canepa – creare una nuova squadra a campionato già avviato e a compenso zero. L’obiettivo va oltre il risultato, in questa fase bisogna riscoprire l’attaccamento alla maglia, si riparte dai valori dello sport, come l’integrazione”. Per ora i tesserati stranieri sono due. “Riceviamo le richieste di tanti profughi, desiderosi di diventare calciatori di professione, ma qui siamo tutti volontari e non sempre l’esperienza dichiarata corrisponde alla qualità in campo”. Anche per il nuovo allenatore Maurizio Fontana “c’è ancora da pedalare”. In tutti i sensi. “Durante gli allenamenti ci sforziamo di parlare e farci capire- dicono due compagni di squadra, Carmelo e Mirco Lorefice, 18 e 19 anni – è una squadra, ci si aiuta”.