Addio all’avvocato che salvò le sorgenti di Carrosio e Gavi. Andrea Ferrari è morto ad Alessandria a 84 anni dopo una carriera tutta dedicata all’attività forense, in particolare al diritto amministrativo. Si era appassionato in particolare alle questioni ambientali, come l’Acna di Cengio e, soprattutto, la vicenda della cava Cementir in Val Lemme. Considerava quest’ultima la sua vittoria più bella poiché riuscì a impedire la distruzione dell’acquedotto di Carrosio e di Gavi dopo un battaglia legale, e non solo, durata un decennio. Nel 1987 la Cementir di Arquata, all’epoca proprietà dell’Iri, quindi una società pubblica, ottenne la concessione per cavare marna da cemento sul monte Bruzeta, a Voltaggio, al confine con Carrosio. La sua prima cava, nel monte delle Rocche, sempre in territorio voltaggino, si stava esaurendo dopo quarant’anni di attività per alimentare il cementificio di Arquata. Carrosio e Gavi si opposero alla perdita delle loro fonti, situate in località Rollino, proprio sul Bruzeta. A favore invece erano la Regione e la Provincia. La Cementir nel frattempo passò al gruppo Caltagirone. Nel 1999, il presidente del consiglio Massimo D’Alema rinnovò la concessione mineraria alla Cementir, scaduta nel 1997 senza che fosse mai stato estratto un grammo di marna, e stabilì la realizzazione da parte della ditta di un “acquedotto alternativo”: doveva alimentarsi dal rio Acque Striate, in Alta Vallemme, il cui corso iniziale è all’interno del Parco Capanne di Marcarolo.
Questo perché era sicuro che le sorgenti dei due paesi sarebbero state distrutte con la nuova cava. Il via ai lavori dell’acquedotto era previsto per il settembre 2001: iniziò così la mobilitazione popolare del Popolo dell’acqua per impedire l’avvio del cantiere dentro il Parco, a Molini di Fraconalto, mobilitazione dei cittadini che si rivelerà fondamentale nel rallentare l’avvio dei lavori mentre l’avvocato Ferrari, legale del Comune di Carrosio, e i colleghi lavoravano dal punto di vista giuridico contro la Cementir, definita dall’avvocato un’Idra dalle tante teste. Infatti, nel 2003 il Consiglio di Stato, al quale si erano rivolti Carrosio e Gavi, affiancati da Legambiente, annullò la concessione mineraria per violazione della legge Galli sulla tutela delle acque ma il governo Berlusconi, clamorosamente, la rinnovò per decreto facendo proseguire i lavori dell’acquedotto. L’anno dopo il Tar diede ragione ai due Comuni contro lo scempio giuridico del governo di centrodestra. Si ritornò al Consiglio di Stato poiché la Cementir non si voleva arrendere. Nel 2006 la vittoria definitiva: la concessione venne annullata poiché l’acqua per uso potabile non può essere sacrificata per altri scopi. L’avvocato Ferrari aveva visto giusto. La Val Lemme lo deve ringraziare.