E’ scaduto in questi giorni il termine per l’invio delle osservazioni alla Cnapi, la carta nazionale dei siti potenzialmente idonei a ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Sul territorio piemontese, la Sogin ha indicato otto località, sei delle quali in provincia di Alessandria: AL-8 tra Alessandria, Castelletto Monferrato e Quargnento; AL-14 tra Alessandria, Fubine e Quargnento; AL-3 tra Alessandria e Oviglio; AL-2 tra Alessandria, Bosco Marengo e Frugarolo; AL-1 tra Alessandria, Bosco Marengo e Novi Ligure; Al-13 tra Castelnuovo Bormida e Sezzadio. La Regione ha anch’essa inviato le sue osservazioni evidenziando come nessuno degli otto siti sia idoneo e, per Alessandra, in particolare per la presenza della grande risorsa idrica strategica individuata nella parte centrale del territorio alessandrino. A testimonianza della notevole quantità di acqua, dopo l’alluvione del 2019 si è verificato un prolungato innalzamento della falda specie nella pianura tra Novi Ligure e Alessandria, con conseguente allagamento di cantine e garage ad appena due o tre metri sotto il piano campagna. Era stato interessato anche il cantiere della linea del Terzo valico dei Giovi tra Novi Ligure e Pozzolo Formigaro, costruita in trincea, con danni notevoli alle attrezzature. Proprio in quest’area, ricorda la Regione, la Cnapi indica i siti AL1 e AL2 e per questo chiede alla Sogin approfondimenti per via della “risalita delle acque fino alla riattivazione delle falde prossime al piano campagna, solitamente non attive”.
Ancora più difficile la situazione del sito AL1, per il quale la “vulnerabilità è prevalentemente alta”. Per l’Al13, lo studio sottolinea la presenza dell’area di ricarica della falda Sezzadio-Predosa, dalla quale si alimentano gli acquedotti dell’Acquese. Lo studio della Regione, secondo la senatrice Susy Matrisciano e il consigliere regionale Sean Sacco (M5s), dimostra che “i sei siti individuati non sono idonei. In caso di precipitazioni di particolare intensità e durata, sempre più frequenti, l’acquifero superficiale favorirebbe una risalita fino alla riattivazione stagionale di falde sospese, che potrebbero interferire pericolosamente con le fondazioni del deposito”. Anche il Comitato Torrente Orba ha deposito le sue osservazioni, nelle quali ricorda, tra l’altro, gli allagamenti del territorio di Bosco Marengo durante l’ultima alluvione. “La falda – scrive il comitato – in occasione dell’evento del 2019, si è alzata fino al piano campagna mentre le fondamenta del deposito sono previste a una profondità di quasi 11 metri”. Hanno inviato i loro documenti anche il Comune di Bosco Marengo e il comitato Bosco Libero dal nucleare.