I terreni delle valli nelle mire delle multinazionali dell’agrovoltaico.

L’ennesima speculazione ai danni dell’ambiente naturale, dell’agricoltura e del paesaggio.

0
764

Come non bastasse il colossale impianto eolico che il solito oscuro “sviluppatore” di progetti vorrebbe fosse realizzato sui crinali tra Giarolo, Boglelio e Chiappo, ora, sempre in nome della necessità di produrre energia pulita, si delinea una ulteriore minaccia ambientale per i territori.

A farsi avanti sono gli accaparratori di terreni naturali ed agricoli che, avanzando offerte economiche di gran lunga superiori al loro valore di mercato, puntano ad occuparli con stuoli di pannelli fotovoltaici. Già lo scorso 31 agosto 2023, a San Sebastiano Curone, durante un incontro pubblico sui bandi PSR, un famoso vignaiolo di Monleale aveva alluso all’esistenza del progetto di un grande impianto fotovoltaico sulle colline a ridosso della sponda destra del Curone tra Momperone e Brignano Frascata.  Più recentemente, diversi proprietari di terreni delle nostre valli stanno ricevendo una lettera da una agenzia immobiliare di Milano che si offre per intermediare l’acquisto di appezzamenti agricoli da parte di una – come al solito – non meglio specificata multinazionale. Questa operazione è da porre in relazione con il decreto governativo sull’agrovoltaico entrato in vigore il 14 febbraio, decreto che prevede incentivi ai sistemi fotovoltaici che rispondano a determinati requisiti.

Con l’agrovoltaico – spiegano dal Comitato per il territorio delle Quattro Provincesi vorrebbe superare l’argomento contrario all’occupazione di terreno agricolo prevedendo la possibilità di coltivare al di sotto dei pannelli”.

In una recente intervista (cfr https://www.pv-magazine.it/2023/05/09/perche-no-agrivoltaico-lintervista-a-coldiretti-torino/ )  il presidente di Coldiretti Torino ha dichiarato: “Si cerca di dare una qualunque impronta agricola soltanto per giustificare l’impianto sugli unici terreni oggi facilmente acquisibili, cioè quelli agricoli … per giustificare la “parte agricola” spesso, semplicemente, si seminano misticanze di erbe che vengono falciate una o due volte l’anno e per questo vengono giustificate come coltivazioni foraggere. Oppure si mettono 2-3 arnie nel recinto dell’impianto e si fanno passare come “apicoltura”. Gli apicoltori veri conoscono gli effetti dei campi elettromagnetici sulle api e non hanno bisogno di campi fotovoltaici ma di ambienti agronaturali sani come quelli che i nostri agricoltori si sforzano di realizzare ogni anno di più, come richiede l’Unione Europea. Il fotovoltaico va incrementato, ma utilizziamo i tetti delle città, i tetti delle aziende, i piazzali asfaltati, le aree industriali dismesse. Non poniamo limiti al fotovoltaico delle aziende agricole, ma senza occupare nuovo suolo agricolo.

Approfondita, accurata ed esauriente la disamina svolta sul tema dal professor Paolo Pileri in un recente articolo sul periodico “Altreconomia” (cfr https://altreconomia.it/il-solare-a-terra-non-e-affatto-indolore-per-il-suolo-molti-studi-indipendenti-lo-dimostrano/ )

Anche questa volta, così come sta avvenendo nel caso degli impianti eolici, – dicono da Comitato – tutto viene calato sul territorio senza alcuna partecipazione della popolazione locale e dei suoi rappresentanti. Per esercitare il doveroso compito di controllo democratico, le istituzioni pubbliche sono tenute ad esaminare ciascuna ipotesi di progetto, replicando con puntuali osservazioni. A svilirne il ruolo, fin quasi a vanificarlo, specie per quanto riguarda le amministrazioni comunali, concorrono sia gli strettissimi vincoli temporali posti dalle norme sia un significativo deficit di competenze tecniche reso evidente dalle recenti vicende del PNRR. Di fatto, tutto sta avvenendo nella totale opacità e assenza di pianificazione, utilizzando meccanismi speculativi (come la sopravalutazione di terreni spesso incolti o di scarso rendimento), e soprattutto senza alcuna attenzione alle criticità ambientali e paesaggistici che la realizzazione di tali impianti determinerebbero. E’ assolutamente necessario e urgente che si ponga in atto un’opera di informazione su questa nuova pericolosa iniziativa estrattivista (che ha già purtroppo fatto molti danni ambientali e paesaggistici in altre Regioni di Italia)”.

Ribadiamo – conclude il Comitato – che la transizione energetica non può avvenire compromettendo la qualità ecologica dei territori naturali ed agricoli, ma al contrario deve fondarsi sulla salvaguardia degli stessi”.