Dopo circa vent’anni, un altro no del Consorzio tutela del Gavi all’ingresso di nuovi Comuni. Se all’epoca era toccato a Castelletto d’Orba ricevere un diniego, stavolta a trovare la porta chiusa è Mornese. Il Comune a cavallo tra Ovadese e Val Lemme ci ha provato per tutto il 2017, prima a parole, poi con atti ufficiali ma non c’è stato verso. Mornese puntava a essere il dodicesimo Comune del Gavi, accanto a Gavi, Bosio, Parodi Ligure, Carrosio, Francavilla Bisio, San Cristoforo, Capriata d’Orba, Serravalle Scrivia, Tassarolo, Pasturana e Novi Ligure. Sono coltivati in questo territorio circa 1.500 ettari e da anni è operativo un blocco degli impianti. L’ingresso di nuove aree vorrebbe dire quindi modificare quanto prevede attualmente il disciplinare e cambiare molte delle carte in tavola. “Il nostro obiettivo – spiega il sindaco Simone Pestarinoè dare una possibilità all’agricoltura locale, visto che il Dolcetto di Ovada, coltivato sul territorio di Mornese e in altre zone dell’Ovadese, ha poco mercato. Un tentativo di risollevare un settore in crisi, quindi, e fermare l’abbandono delle zone coltivate. Il nostro Comune sarebbe legittimato a entrare essendo limitrofo a Bosio e Parodi, già inseriti nel comprensorio del Gavi. Per ora dal consorzio abbia ricevuto una chiusura ma chissà che in futuro la nostra delibera, inviata anche alla Regione e al ministero delle Politiche agricole, non possa essere utile”.

Il castello di Mornese

Il Consiglio comunale ha infatti approvato all’unanimità una delibera nella quale definisce “sbrigativa e insoddisfacente” la risposta del Consorzio di tutela, che in precedenza aveva comunicato l’assenza di presupposti all’ingresso di Mornese nell’area di produzione del Gavi docg. “Innanzitutto – spiega Maurizio Montobbio, presidente del Consorzio di Tutela – per legge sono i consorzi stessi a richiedere di aprire a nuovi Comuni. Mornese, per altro, si è rivolto alla Regione e al ministero, non deputati a questo compito. Va detto, inoltre, che già negli undici Comuni attuali non c’è una saturazione di aree coltivate a vigneto: Pasturana, per esempio, non ha ancora nessuna superficie vitata e intendiamo anche tutelare la biodiversità. Oltretutto, da sette anni è in vigore uno stop quasi totale ai nuovi impianti: ne sono previsti solo 10 ettari l’anno negli undici Comuni. Questo perché – conclude Montobbio – si vuole mantenere il prezzo elevato”. Il Gavi, grazie a queste scelte, non ha patito la crisi economica mondiale iniziata dieci anni fa. Entro marzo è intanto previsto il rinnovo del consiglio di amministrazione del Consorzio tutela, in carica da tre anni.