Oggi, a mezzogiorno, a Roma, nella sede del ministero del Lavoro, si comprenderà se tutto l’impegno annunciato dalle forze politiche e dalle istituzioni per salvare la Pernigotti avrà sortito qualche effetto oppure, con la firma della cessazione dell’attività, si dovrà per forza di cose dire la parola “fine” per la storica azienda di Novi Ligure. Da quel 6 novembre, quando i rappresentanti del gruppo Toksoz, all’Unione industriali di Alessandria, dissero ai sindacati che la fabbrica sarebbe stata chiusa dal 3 dicembre, è partita una mobilitazione che ha visto prima di tutto i lavoratori in prima fila, scesi in sciopero dal giorno seguente organizzando un’assemblea permanente nello stabilimento che dura tutt’oggi ma che, per forza di cose, si sta esaurendo, anche se il sindacato sostiene che andrà avanti anche se oggi si firmerà l’accordo con i turchi per fermare l’attività. I lavoratori hanno un grande bisogno di aiuto economico, per questo serve la cassa integrazione, che si affiancherò ai fondi raccolti tramite il fondo di solidarietà, arrivato a oltre 50 mila euro.

Oggi l’advisor, cioè la società Sernet di Milano, incaricata il 17 dicembre dai Tokosz, dirà se è riuscita a trovare un imprenditore che intenda produrre per conto della Pernigotti a Novi e non altrove, mettendo in atto la famosa terziarizzazione della produzione con il marchio in mano ai turchi. L’unico modo per cercare di salvare almeno i posti di lavoro e il solo risultato ottenuto dal governo e dalle istituzioni peechè, legge alla mano, la proprietà poteva anche semplicemente chiudere fin da dicembre. I due rinvii ottenuti sempre dall’esecutivo, hanno fatto sperare in un cambio di linea dei turchi, cioè nella cessione del marchio ma, finora, non è stato così. L’ultima potenziale possibilità di forzarli in questo senso, cioè la proposta di legge del deputato di Leu Federico Fornaro (“l’imprenditore che chiude un fabbrica in un luogo perde la titolarità del marchio se questo è stato depositato in quella città oltre cinquant’anni prima”), non è stata considerata dal governo per l’emanazione di un decreto d’urgenza entro oggi.