La recinzione anti Psa installata a Borghetto

Il ritardo nell’installazione della recinzione anti cinghiali è stato causato dall’opposizione degli stakeholder”. Parole pronunciate davanti alle telecamere di Report da Francesco Feliziani del Centro di referenza nazionale per lo studio delle malattie da Pestivirus e da Asfivirus (Cerep), uno dei principali studiosi della Peste suina in Italia. Con il termine “stakeholder” si intendono in generale gruppi di persone o individui coinvolti, in questo caso, nella questione della Psa, che dal gennaio 2022 interessa centinaia di Comuni alessandrini e genovesi e centinaia di migliaia di persone che devono subire le limitazioni causate dall’istituzione della zona infetta. In particolare, a subire le conseguenze più dirette sono gli operatori economici del settore turistico e i cacciatori. L’installazione degli oltre 100 chilometri di barriere tra Acquese e Val Borbera, passando per la pianura, è iniziata nel 2022 e secondo l’allora commissario per l’emergenza Psa Angelo Ferrari, dovevano essere lo strumento principale per fermare la diffusione del virus all’interno dell’area tra le autostrade A26 e A7. In realtà, il numero di carcasse di cinghiale positive alla Psa è cresciuto a dismisura anche al di fuori di quell’area e i tempi per la costruzione delle barriere, costate circa 10 milioni di euro, si sono allungati fino all’inizio del 2023, con un pesante ritardo.

I Comuni alessandrini dove è stata installata la rete.

Nel frattempo, è notizia di questi giorni, dopo la Lombardia la Psa è arrivata in provincia di Piacenza, precisamente a Ottone, e gli allevato di maiali tremano anche in Emilia Romagna. Giorgio Storace, coordinatore delle squadre di cacciatori di cinghiale di Alessandria e Genova, commenta in un video postato su Facebook: “I nostri territori sono stati chiusi subito dopo il ritrovamento del primo caso a Ovada, il 7 gennaio 2022, e hanno dovuto subire le restrizioni. I cacciatori il 24 marzo 2022 hanno proposto un protocollo al commissario Ferrari per avviare un depopolamento spinto dei cinghiali nella zona infetta per contenere il virus all’interno delle due autostrade. Invece, si è preferito installare la rete e ancora oggi non si sa cosa fare per risolvere la situazione. È sbagliato accusare il il territorio di quanto avvenuto. Quelle di Feliziani sono frottole: le cause del ritardo della recinzione sono ben altre”. Come aveva ammesso lo scorso anno l’ex commissario Ferrari, il motivo sono stati i tempi lunghi nell’erogazione dei fondi da parte dello Stato. Addirittura, la Regione Lombardia aveva contribuito con 1 milione di euro per l’ultimo lotto della rete in Val Borbera ma la Psa era già oltre. L’attuale commissario Caputo intende però sistemare i 100 chilometri di recinzione, devastati dai cinghiali. La Regione ha annunciato fino a 300 mila euro all’anno da destinare alla Provincia per questo compito.