Un raduno alla Benedicta per ricordare l'eccidio del 1944.

Nell’introduzione al mio primo libro dedicato alla Resistenza, Due storie partigiane. Tra memoria e racconto, Le Mani, Recco 2005, ponevo in modo critico la questione delle modalità di trasmissione della Memoria della Resistenza nel momento in cui fossero venuti a mancare, per ragioni anagrafiche, i testimoni di quegli eventi. E, se quindi andavano certamente recuperate a tappeto le testimonianze ancora reperibili, bisognava però prepararci a quella mancanza e porci anche nell’ottica di elaborare materiali che andassero al di là dello specifico di quelle testimonianze per universalizzare la tematica e renderla patrimonio sempre attuale del dibattito politico-culturale. Cito testualmente. “Questo libro, dunque, vuole essere simbolicamente una sorta di passaggio di testimone tra la generazione che ha vissuto quegli eventi e quella che, avendoli ricercati e sentiti spesso raccontare, ora li ha così impressi nella mente da poterli rielaborare in forma narrativo-letteraria o drammatico-teatrale o artistica in generale affinché possano continuare ad essere comunicati, nei linguaggi man mano più adeguati ai tempi, al di là della sopravvivenza dei protagonisti”. Sono passati ormai quindici anni dalla pubblicazione di quel libro, durante i quali si è continuato a riproporre Memoria e celebrazione degli eventi nelle modalità consuete, ormai svuotate di un’effettiva capacità di coinvolgimento.

Gianni Repetto
Gianni Repetto

Di conseguenza è evidente oggi l’appannamento del tema, sempre più ridotto a un terreno ristretto di parte, senza che sia avvenuta una sua definitiva assunzione nell’immaginario collettivo nazionale. Ricordo che, durante le varie presentazioni di quel libro, ogni volta suggerivo ai rappresentanti delle Associazioni dedicate e ai politici presenti di farsi latori a livello nazionale di una proposta di modifica dell’articolo I della nostra Costituzione, che lo integrasse nel seguente modo: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro e sui valori della Resistenza e del Risorgimento”. In questo modo, secondo me, si sarebbe potuto chiudere un secolo e mezzo di discussioni che continuano a dilaniare il nostro paese e ne minano la solidarietà e la convivenza civile e democratica. Nessuno mi prestò molto ascolto, al di là di una generica simpatia per la proposta, che io ho continuato a reiterare anche a livello teatrale con il lavoro “La Costituzione attraverso i principi”, messo in scena a partire dal 2017. Detto questo per una necessaria puntualizzazione, il lavoro che qui presento va ancora in quella direzione che indicavo, anche se cade in tempi molto più bui per il destino della nostra Memoria. In Due storie partigiane, oltre a Memorie dirette, proponevo spezzoni di realtà oggettiva rielaborati nella modalità del racconto storico e due lavori teatrali, “Sia Benedicta!”, dedicato specificatamente al rastrellamento della pasqua del 1944 e alla fucilazione di 98 partigiani, e “Camicia rossa camicia nera”, la storia di un partigiano garibaldino e di un fascista repubblichino che s’incrociano nell’evento della Benedicta. Anche questo libro propone quattro lavori distinti come modalità di realizzazione, focalizzato il primo ancora sulla Benedicta, gli altri invece che spaziano su una dimensione di carattere più generale. “Sinfonia di una strage” è la silloge di cinque pezzi narrativi sull’evento della Benedicta, impostati in parallelo per un’ipotesi di sceneggiatura cinematografica; “Storia di Marcello, macchinista ferroviere”, narra, nella modalità del racconto storico, la storia vera di Marcello Cominetti, macchinista ferroviere del Dipartimento di Genova, che sabotò un treno carico di opere d’arte che i nazisti stavano trasportando in Germania;

“La fiaba dei due orchi”, fiaba ideata su richiesta di una maestra della Scuola Elementare di Mornese che mi chiese un intervento presso le classi quinte in quanto il testimone, pur con tutta la sua buona volontà, non era riuscito a comunicare ai bambini la sostanza oggettiva della sua vicenda personale; nata come improvvisazione affrabulatorio-narrativa, è stata poi elaborata in collaborazione con gli alunni della II D della Scuola Media di Mornese, nell’anno scolastico 2016-2017, che ne hanno realizzato i disegni scenici; “Siamo i ribelli. La Resistenza viene da lontano”, che dà anche il titolo al libro, è una lettura drammaturgica con accompagnamento musicale che ho rappresentato e continuo a rappresentare in collaborazione con tre musicisti (Paolo Murchio, chitarra e canto; Giuseppe Repetto, clarino; Niccolò Tambussa, fisarmonica e canto) in ogni stagione dell’anno e non solo nel periodo canonico dell’aprile resistenziale; essa rievoca, attraverso la narrazione storica, la lettura di documenti e l’esecuzione di canzoni d’epoca, i vari passaggi critici di Resistenza al fascismo e alla dittatura dal primo dopoguerra all’8 settembre 1943. Dette queste cose, voglio precisare che il mio non è un “accanimento terapeutico” sulla questione Resistenza, ma un tentativo di proporne la Memoria in modo attivo, stimolante e attuale, affinché non diventi un simulacro decrepito e stantio di un’epoca ormai finita. E questo perché sono fermamente convinto che, qualora la Memoria in generale e questa Memoria in particolare vengano considerate un ingombro, se non addirittura un intralcio, ad una crescita civile del nostro paese, certi atteggiamenti autoritari che traspaiono già in alcune democrazie europee potrebbero affermarsi anche qui da noi e riproporci – magari in modo farsesco, ma comunque terribile – l’intolleranza e la violenza che, poco più di settant’anni fa, sconvolsero la vita di milioni di italiani.