Sul sito dell’associazione Memoria della Benedicta cascina Pizzo viene indicata come “una delle stazioni del sentiero denominato Anello della pace” che “funziona da punto informativo, mettendo a disposizione dei visitatori opuscoli e cartine del Parco… È dotata di una biblioteca con sala lettura, di una libreria permanente fornita di tutti i testi e dvd editi dall’Associazione”. L’edificio di Capanne di Marcarolo (Bosio), non lontano dal sacrario della Benedicta, secondo il presidente uscente dell’Appennino Piemontese, Dino Bianchi, è uno degli esempi di sperpero di denaro pubblico del cosiddetto Parco della Pace, che comprende anche il famigerato centro di documentazione, la cui costruzione ripartirà a breve, e la foresteria di cascina Mulino Vecchio, ristrutturato con 500 mila euro e mai aperto, con i ghiri che la fanno da padrone al suo interno e i ladri che si sono portati via tutto il possibile all’esterno. I piccoli animali hanno colpito anche a cascina Pizzo, secondo Bianchi, segno delle difficoltà nella gestione anche di questo edificio. “Sono entrati – ha detto la scorsa settimana nella seduta del consiglio delle Aree protette a Bosio – dal buco del camino e si sono mangiati le finestre. E pensare che il famoso centro di documentazione poteva essere proprio lì a cascina Pizzo, dopo la costosa ristrutturazione dotata di una sala conferenze da cinquanta posti e altri servizi e ora in sostanza senza un gestore. Invece si è deciso di andare avanti con l’edificio a ridosso dei ruderi, per il quale io ho tentato una modifica parziale della destinazione, puntando su un centro visite dedicato alla storia e alla cultura di Capanne e del territorio in generale e non solo sulla Resistenza”.

La cascina Mulino vecchio a Capanne di Marcarolo

I sindaci, ha ribadito Bianchi, “hanno avallato una spesa di 3 milioni di euro per il Parco della Pace, in buona parte inutile. Io ho cercato di recuperare il danno fatto con il centro di documentazione ma gli amministratori locali mi hanno osteggiato. C’è stato chi, come Franco Ravera (presidente dell’Unione dal Tobbio al Colma, ndr), prima ha detto che serve chiarezza sul quei lavori e poi ha subito firmato la convenzione per proseguire l’intervento. Sempre Ravera – ha detto ancora il presidente uscente del Parco –, da amministratore della Comunità montana Alta Val Lemme Alto Ovadese, ha portato avanti l’operazione di Mulino Vecchio e ora come Unione Montana dice che non sanno cosa farsene. È indegno da parte sua aver prima cercato di avere i soldi per la ristrutturazione e poi ora dire che non c’entra nulla”. Bianchi, che si è inimicato gli amministratori locali anche per il suo no all’eolico di Fraconalto per rispettare la legge, sarà sostituito, secondo l’indicazione dei sindaci e dei presidenti delle Unioni montane, dal suo vice, Danilo Repetto: la nomina da parte della Regione rischia però di essere impugnata da Bianchi e dall’altro candidato escluso, Gianni Repetto. Il presidente uscente rivendica di aver trovato, nel 2016, “un ente che non esisteva, con un avanzo al minimo. L’abbiamo salvato dall’accorpamento con il Parco del Po creando le Aree protette dell’Appennino Piemontese e portando avanti progetti come le miniere, il pit di Capanne, il tetto della sede di Bosio (che sarebbe toccato al Comune), il Parco di Carrega e la nuova sede unica nell’ex asilo di Bosio”. Proprio quest’ultimo è uno dei progetti avversati dal futuro presidente Danilo Repetto.