“Ho presentato come primo firmatario un emendamento alla manovra di bilancio per abbassare dal 22 al 5% l’IVA sui pellet.
Una misura resa necessaria da un ingiustificato aumento della materia prima che non trova riscontro in nazioni a noi vicine come la Francia e che sta mettendo in enormi difficoltà le famiglie che avevano cambiato la fonte di energia per il riscaldamento abbandonando il gas.
E’ un emendamento che prova a dare un segnale alle famiglie e alle imprese nel segno dell’equità fiscale e del concreto sostegno a chi ha creduto, in tempi non sospetti, in questa forma di energia alternativa al gas”.
Lo scrive in una nota il Federico Fornaro, deputato di Articolo 1 del gruppo parlamentare PD Italia Democratica e Progressista.
“Il pellet – recita la motivazione dell’emendamento -, materiale la cui aliquota IVA è stata innalzata dal 10 al 22 per cento con il comma 711, dell’articolo 1, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, legge di stabilità 2015) è un combustibile ecologico derivato dagli scarti della lavorazione di falegnameria del legname vergine e, di conseguenza, durante il suo utilizzo, non aumenta l’anidride carbonica nell’aria.
Il consumo di tale combustibile nel 2019, a livello nazionale, da fonti ISTAT, è stato stimato in circa 3,4 milioni di tonnellate, rispetto alle 1,5 milioni di tonnellate nel 2010, portando così l’Italia tra i Paesi europei con il più alto consumo domestico di pellet di legno. Sono, infatti, oltre due milioni le famiglie che usano questo biocombustibile per riscaldarsi e la metà di loro – circa il 4 per cento del totale delle famiglie italiane – lo impiega come fonte di riscaldamento unica o prevalente. In un momento così delicato dal punto di vista economico, mantenere l’IVA al 22 per cento su un bene considerato ormai necessario per le famiglie italiane, significherebbe dover affrontare un effetto depressivo sui consumi, disincentivando l’utilizzo di un biocombustibile che in molte zone d’Italia rappresenta l’unica alternativa alle più costose fonti energetiche fossili.
Inoltre, vi è da evidenziare come gli effetti negativi del mantenimento dell’IVA all’aliquota del 22 per cento, si siano riscontrati non solo per i consumatori finali, ma anche per l’industria, e sia sul fronte della produzione e della distribuzione del pellet, che su quello di produzione dei sistemi di riscaldamento. Infatti, i produttori italiani di apparecchi domestici alimentati a pellet contribuiscono al prestigio del Made in Italy e sono oggi leader a scala internazionale, esportando oltre il 35 per cento in tutto il mondo e rappresentando più del 90 per cento delle vendite in Europa. Le pesanti e negative ripercussioni che subirebbe questo settore manifatturiero, sarebbero un grave danno se si considera che il compartimento del pellet è particolarmente significativo per l’industria italiana, con oltre 42.000 unità lavorative impiegate stabilmente, di cui oltre 20.000 direttamente nella produzione e distribuzione del biocombustibile.
Si rendono pertanto necessari interventi che mirino a calmierare i prezzi del combustibile derivato dai pellet al fine di ridurre la spesa complessiva delle famiglie italiane ed, in particolare, delle famiglie che risiedono in regioni di montagna, caratterizzata da inverni rigidi e freddi in cui il consumo di pellet è notevole, diventando così un costo aggiuntivo al bilancio famigliare.
Tale necessità appare altresì coerente con la ratio che ha mosso la più recente politica di contrasto alla crisi energetica e ai relativi aumentati costi di approvvigionamento energetico e che ha disposto la riduzione dell’IVA e degli oneri generali nel settore del gas a metano per combustione per uso civile e industriale (articolo 5, del decreto-legge n. 115 del 2022, cosiddetto «aiuti-bis»).
Per effetto della proposta emendativa in commento si prevede che il pellet possa rientrare nell’ambito delle operazioni sottoposte all’aliquota ridotta pari al 5 per cento”.
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