Da una lettera inviata dal fronte della Grande guerra da un soldato ai familiari è nato lo spettacolo “Cara sorella, quest’oggi vivo ancora, ma forse sarà l’ultima delle mie lettere”, in programma stasera, venerdì 27 settembre, a Costa Vescovato, nella piazza del Comune. Sulla parete del municipio è stata trascritta la lettera che Domenico Bergaglio, contadino del paese dei Colli tortonesi, scrisse alla sorella il 6 agosto 1916, mentre si trovava nella trincea sotto il monte Sabotino, sotto il tiro degli austriaci. Un monito sul vero significato della guerra. “Questoggi – scrisse Bergaglio nel suo italiano stentato – vivo ancora ma questa sarà lultima delle mie lettere che tu ricevi. Siamo in un posto troppe pericoloso che è impossibile che me la scampi”. Tra bombe, feriti, morti, topi, pidocchi e orrore quel giovane scrisse una lettera piena di rassegnazione e di paura della morte, che purtroppo sarebbe arrivata il giorno dopo, puntualmente. “Siamo come topi, in mezzo al freddo e alla fame, che se mi vedi non mi riconosci”, scriveva, ricordando di aver rivisto suo fratello Livio, che sarebbe morto anch’egli in quella terribile battaglia pochi giorni dopo. Una storia esemplare, da cui Gianni Repetto, scrittore e autore di Lerma, ha tratto l’atto unico portato in scena dalla compagnia teatrale Il Contafóre.

La compagnia Il Contafore

“La vita di trincea – spiega Repetto – era durissima: i soldati, in maggioranza contadini e braccianti, passavano giornate intere immersi nel fango e nell’acqua o, alle quote più alte, nella neve; i ripari notturni erano precari e improvvisati e gli uomini erano costretti a dormire per terra su giacigli di paglia; tra la truppa imperversava la pellagra a causa del rancio ridotto e poco nutriente che indeboliva le difese immunitarie e favoriva il diffondersi di malattie; le scarpe, di cuoio scadente e spesso di cartone, si sfasciavano dopo pochi giorni e molti dovevano ricorrere a riparazioni di fortuna a base di spago, fil di ferro e stracci”. Poi, ovviamente, c’erano gli attacchi alle postazioni nemiche che si susseguivano insensati, con i soldati che venivano per lo più mandati allo sbaraglio da ufficiali inetti e fanatici. In mezzo a questa tragedia, racconta l’autore, “l’unica consolazione era scrivere a casa o ricevere lettere da parenti e amici, ma bisognava stare attenti a cosa si scriveva perché vigeva la censura nei confronti di tutte quelle notizie che potevano dare una brutta immagine della guerra e del nostro esercito”. Uno spettacolo che vuol far ricordare tutta la follia e la miseria della “grande guerra” che, come tutte le guerre, spiega ancora Gianni Repetto, “è stata un’inutile strage in cui migliaia di contadini sono stati mandati al massacro con la promessa della terra che poi le classi dominanti non hanno mantenuto”. Silvana Vigevani e Gianni Repetto dialogheranno e daranno voce alle parole di Domenico Bergaglio e della sorella. Il racconto sarà scandito da canzoni popolari dell’epoca, come “La canzone del Piave”, “Il testamento del capitano”, “Oh, Gorizia”, suonate da Paolo Murchio, Giuseppe Repetto e Nicolò Tambussa e cantate da loro e Silvana Vigevani, Gianni Borin e Gianni Repetto.